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Il processo per la morte di un giovane a Palermo, la difesa del cardiologo assolto spiega la linea seguita

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Il giudice monocratico di Palermo, Riccardo Corleo, ha condannato a otto mesi ciascuno, con la sospensione condizionale della pena, tre medici dell’ospedale Ingrassia di Palermo accusati di omicidio colposo per la morte di un giovane.   Rosanna Giaramidaro, Rosalba Tantillo e Florinda Bascone sono i medici condannati, mentre è stato assolto Sebastiano Scalzo, cardiologo. L’inchiesta fu aperta nel 2009 dopo la morte di Emilio Reforgiato, un istruttore di palestra di 28 anni, in seguito a un’embolia polmonare che non gli sarebbe stata diagnosticata per un errore. I familiari del ragazzo si sono costituiti parte civile e il giudice ha riconosciuto una provvisionale di 20 mila euro ciascuno. Il ragazzo morì  il 23 novembre del 2009, cinque giorni dopo essere andato al pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia per un forte dolore al torace e alla spalla. La difesa del cardiologo Scalzo, assolto per non avere commesso il fatto, oggi spiega la linea portata avanti nel processo. Scalzo è stato difeso dal professore Antonino Agnello di Palermo e dall’avvocato Luigi La Placa di Menfi. “In buona sostanza il Tribunale ha accolto una delle tesi difensive prospettata dalla difesa del dottore Scalzo, nel senso che, ove provato che in data 18 novembre 2009, quando Reforgiato fu preso in carico dal pronto soccorso dell’ospedale Ingrassia, fosse stata presente una microembolia, nessuna responsabilità a titolo di concorso poteva essere addebitata a Scalzo Sebastiano, il quale era stato investito dal medico del pronto soccorso per una consulenza cardiologica e quindi per accertare se il dolore al torace, mentre tra l’altro erano in corso gli esami di laboratorio disposti dal medico del pronto soccorso fosse di origine cardiaca o meno. I vari consulenti escussi nel corso del dibattimento hanno concordato nel ritenere immune da negligenza o imperizia gli accertamenti posti in essere da Scalzo  nell’escludere che il dolore toracico fosse di origine cardiologica. Tra l’altro il dottore Scalzo, dopo la visita cardiologica, non vide più il Reforgiato che fu dimesso dai medici del pronto soccorso dopo circa 12 ore dalla consulenza cardiologica. In buona sostanza, la difesa ha evidenziato che la richiesta specialistica avanzata dal pronto soccorso non determina una presa in carico del paziente per le determinazioni consequenziali, che, fino al momento dell’assegnazione del paziente al reparto, rimangono di competenza esclusiva del responsabile del pronto soccorso”.

Nella foto, gli avvocati La Placa e Agnello

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