Il 16 giugno 2025 è la data fissata per il versamento della prima rata dell’IMU, l’Imposta Municipale Unica che grava su seconde case, abitazioni principali di lusso e terreni agricoli. Il saldo finale dovrà essere versato entro il 16 dicembre 2025. Anche quest’anno, la categoria catastale dell’immobile gioca un ruolo determinante nel calcolo dell’imposta, contribuendo a marcate disparità fiscali tra contribuenti.
Categorie catastali e disuguaglianze nell’IMU
L’attuale sistema di calcolo dell’IMU si basa sulla rendita catastale rivalutata, che varia in base alla categoria assegnata all’immobile. Questo ha portato a evidenti differenze tra abitazioni con caratteristiche simili, ma classificate in categorie diverse.
Ad esempio:
- A Milano, un’abitazione classificata come A/2 (tipo civile) paga un acconto IMU pari a 2.628 euro, quasi il doppio rispetto ai 1.221 euro di un’abitazione A/3 (tipo economico).
- A Napoli, il passaggio da A/3 ad A/2 comporta un incremento da 898 a 1.641 euro.
- A Firenze, l’IMU cresce da 1.270 a 1.598 euro al variare della categoria.
- A Bologna, la rendita media delle abitazioni A/2 (1.487,90 euro) contribuisce a una maggiore imposizione rispetto alle A/3, che restano numericamente superiori.
Queste disparità spesso non riflettono una reale differenza nella qualità dell’abitazione. Molti immobili ristrutturati non sono stati riclassificati, mantenendo rendite catastali non aggiornate, con effetti distorsivi sul carico fiscale.
Seconde case e aliquote invariate
Un altro elemento di iniquità riguarda le seconde case. Nella maggior parte dei capoluoghi italiani, l’aliquota IMU è identica sia per gli immobili sfitti che per quelli concessi in affitto a canone libero. Solamente alcune città – come Milano, Modena e Ravenna – prevedono riduzioni minime, generalmente limitate all’1 per mille.
Le vere agevolazioni si riscontrano in presenza di affitti a canone concordato, per i quali è possibile ottenere riduzioni dell’IMU fino a 4 punti percentuali, ma queste restano misure poco diffuse e non uniformi sul territorio.
Le abitazioni A/4 e la questione delle case popolari
Le abitazioni popolari, classificate come A/4, rappresentano ancora circa il 13,8% del patrimonio abitativo nei capoluoghi di provincia. In genere, beneficiano di un’IMU più contenuta. Tuttavia, anche questo segmento è soggetto a trasformazioni urbane e progetti di riqualificazione, che spesso si traducono in aumenti della rendita catastale e, di conseguenza, dell’IMU.
Verso una possibile riforma nel 2026
Il decreto delegato sui tributi locali, atteso per il 2026, potrebbe introdurre modifiche rilevanti al sistema IMU: semplificazioni nelle dichiarazioni, nuovi criteri di calcolo e maggiori agevolazioni per gli affitti calmierati. Tuttavia, l’impatto reale di queste misure resta da valutare.
Nel frattempo, le attuali regole continuano a determinare forti disparità tra contribuenti, evidenziando l’urgenza di una revisione più equa del sistema catastale e dell’imposizione fiscale sugli immobili.