Con l’ordinanza n. 14990 del 4 giugno 2024, la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – ribadisce un principio fondamentale in tema di notifiche fiscali: l’Amministrazione finanziaria ha l’obbligo di dimostrare, in modo preciso e documentato, l’irreperibilità del contribuente destinatario dell’atto. In assenza di tale dimostrazione, la notifica è da ritenersi nulla.
Il principio della trasparenza nella notifica degli atti impositivi
Il rapporto tra cittadino e fisco deve essere improntato alla trasparenza. La notificazione di un atto impositivo è un passaggio essenziale, perché dà avvio ai termini per eventuali impugnazioni. Se non viene rispettato il principio di correttezza procedurale, si rischia di compromettere il diritto alla difesa e la validità dell’azione amministrativa.
La Corte ha chiarito che non è sufficiente etichettare un contribuente come “sconosciuto” o “irreperibile” per attivare la procedura semplificata prevista in caso di irreperibilità assoluta. Al contrario, è necessario che il messo notificatore certifichi in maniera dettagliata le ricerche effettuate, come verifiche anagrafiche o sopralluoghi, finalizzate alla consegna dell’atto.
Il caso oggetto della sentenza
La vicenda nasce da un ricorso contro un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate relativo all’Irpef per l’anno 2006. Il contribuente contestava la validità della notifica dell’atto, affermando che il Fisco non avesse rispettato le condizioni previste per la procedura in caso di irreperibilità.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale annullava l’avviso per difetto di notifica. In appello, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, ritenendo valida la notifica tramite deposito presso la casa comunale e invio della raccomandata al domicilio fiscale.
Il cittadino ricorreva dunque in Cassazione, lamentando la mancanza di specifiche prove delle ricerche effettuate dal messo notificatore. La Suprema Corte gli ha dato ragione.
I criteri stabiliti dalla Cassazione
Secondo la Cassazione, la validità della notifica in caso di irreperibilità richiede che siano documentate in maniera puntuale le attività di ricerca svolte per rintracciare il contribuente. La semplice apposizione di formule generiche, come “sconosciuto” o l’utilizzo di moduli precompilati, non è sufficiente.
Il riferimento normativo è l’art. 60, comma 1, lett. e) del DPR 600/1973, che disciplina la notifica semplificata. Anche in presenza di tale procedura, resta obbligatoria una relazione dettagliata da parte del notificante, in cui vengano descritti i tentativi compiuti per la consegna.
Il principio è stato recentemente confermato anche da altre pronunce della Suprema Corte, tra cui le sentenze n. 23223/2024, n. 21384/2024, n. 14658/2024, n. 8823/2024, n. 1172/2024 e n. 19769/2024.
Gli effetti della decisione
La sentenza della Cassazione ha cassato la decisione di secondo grado, rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria competente, che dovrà riesaminare il caso rispettando i principi giuridici espressi.
Con questa ordinanza, la Suprema Corte rafforza l’obbligo di legalità e diligenza nella gestione delle notifiche da parte dell’Agenzia delle Entrate, tutelando il diritto del contribuente a una comunicazione chiara, verificabile e rispettosa delle garanzie costituzionali.