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ISEE 2026, penalizzati gli affittuari: aumenta la soglia di esenzione solo per la prima casa

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Dal 2026 cambia il calcolo dell’indicatore economico, ma chi vive in affitto resta escluso dai vantaggi. Cresce la franchigia per la prima casa, nessuna modifica per i canoni di locazione

La Manovra di Bilancio 2026 introduce importanti novità nel calcolo dell’ISEE, ma lo fa con un’impostazione che rischia di penalizzare chi vive in affitto.
Dal 1° gennaio 2026, infatti, la franchigia per la prima casa di proprietà aumenterà da 52.500 a 91.500 euro, con un ulteriore incremento di 2.500 euro per ogni figlio oltre il primo nel nucleo familiare.

Un cambiamento significativo che alleggerisce il peso dell’abitazione di proprietà nel calcolo dell’indicatore economico, utilizzato per l’accesso a misure come Assegno di inclusione, Supporto formazione lavoro, Assegno unico, Bonus asilo nido e Bonus nuovi nati.

Tuttavia, chi paga un affitto non riceverà lo stesso beneficio: la deduzione massima dal reddito per il canone di locazione resta ferma a 7.000 euro, con un incremento di soli 500 euro per ogni figlio dopo il secondo.


Le critiche: “Una disparità che colpisce le famiglie più fragili”

Durante le audizioni parlamentari del 6 novembre 2025, tre istituzioni – Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), Banca d’Italia e Corte dei Conti – hanno espresso forti perplessità sul nuovo meccanismo.

L’UPB ha definito la misura “un trattamento di favore per i proprietari”, ricordando che l’ISEE dovrebbe misurare il costo dell’abitare “indipendentemente dalla forma di godimento dell’immobile”.
La Banca d’Italia ha sottolineato che la riforma altera l’equilibrio tra chi possiede e chi affitta, riducendo artificialmente il peso economico dei proprietari rispetto agli inquilini.
Anche la Corte dei Conti ha avvertito che modifiche di questo tipo rischiano di snaturare la funzione originaria dell’ISEE, compromettendo la parità di trattamento tra i cittadini.


Chi vive in affitto è più esposto alla povertà

I dati ISTAT confermano il divario economico tra proprietari e affittuari.
Nel 2024:

  • il 18% delle famiglie italiane viveva in affitto,
  • il 73,5% in abitazioni di proprietà,
  • l’8,5% in immobili in uso gratuito.

Ma il dato più allarmante riguarda la povertà assoluta:

  • tra le famiglie in affitto l’incidenza è del 22,1%,
  • tra i proprietari scende al 4,7%.

Chi vive in locazione paga in media 373 euro al mese, un peso insostenibile per i nuclei con redditi bassi.
Per questo, secondo gli esperti, la mancata rivalutazione delle deduzioni per gli affitti rende la riforma sbilanciata e socialmente iniqua.


Affitti in crescita, rendite immobiliari stabili

Un altro elemento che accentua la disparità è la diversa evoluzione dei valori catastali e dei canoni di affitto.
L’UPB ha rilevato che:

  • tra il 2014 e il 2020 le rendite catastali sono aumentate del 3,8%,
  • mentre gli affitti sono cresciuti del 9%, arrivando al +24,2% nel 2024.

Ciò significa che il costo dell’abitare per gli inquilini cresce molto più rapidamente rispetto al valore degli immobili dei proprietari, aggravando ulteriormente lo squilibrio introdotto dalla nuova riforma ISEE.


Un risparmio per lo Stato, ma non per le famiglie

Secondo le stime ufficiali, la revisione dei criteri ISEE costerà circa 500 milioni di euro all’anno alle casse pubbliche. Tuttavia, i benefici effettivi si concentreranno quasi esclusivamente sui proprietari di abitazioni, mentre le famiglie in affitto – spesso le più vulnerabili – resteranno escluse dai vantaggi.

Gli esperti avvertono che, senza un correttivo per chi paga un canone di locazione, la riforma aumenterà le disuguaglianze sociali, allontanandosi dallo spirito originario dell’ISEE: misurare in modo equo la reale condizione economica dei cittadini italiani.

Giacomo Cascio
Giacomo Cascio
CEO Blue Owl s.r.l. agency - Editore Risoluto.it

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