Beni per circa 2,5 milioni di euro sono stati sequestrati all’ex rettore dell’Università di Messina, Salvatore Cuzzocrea, indagato per plurimi reati di appropriazione indebita. La Guardia di Finanza ha eseguito un decreto del gip per oltre 1,6 milioni e un provvedimento d’urgenza della Procura per ulteriori 860mila euro.
Le indagini del nucleo Pef delle Fiamme Gialle hanno ricostruito un complesso meccanismo tramite il quale l’ex rettore, in qualità di pubblico ufficiale e responsabile di numerosi progetti scientifici del dipartimento ChiBioFaram, si sarebbe appropriato di ingenti somme di denaro. Il tutto sarebbe avvenuto tramite documentazione contabile artefatta, gonfiata o non pertinente ai progetti di ricerca, formalmente condotti tra il 2019 e il 2023.
Sequestro urgente per uso privato
Il sequestro d’urgenza disposto dalla Procura riguarda ulteriori somme di denaro che Cuzzocrea avrebbe sottratto a favore di un’azienda agricola a lui riconducibile. Tra i beni e servizi acquisiti tramite procedure di affidamento diretto gestite dall’ateneo, molti sarebbero stati destinatiall’uso personale dell’ex rettore, configurando diverse ipotesi di appropriazione indebita.
Le irregolarità emerse riguardano principalmente:
- Presentazione di scontrini fiscali relativi a spese personali.
- Richiesta di rimborsi missioni per attività di ricerca, coincidenti invece con la sua partecipazione a eventi ippici.
- Acquisti di materiali non collegati alla ricerca, ma destinati all’azienda agricola dell’ex rettore.
Indagini internazionali e processo in corso
Le indagini hanno coinvolto anche fatture emesse all’estero, con la collaborazione delle autorità giudiziarie di Svizzera, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Cuzzocrea, insieme all’ex direttore generale Francesco Bonanno e quattro imprenditori, è a processo a Messina per irregolarità nella gestione di appalti, forniture e servizi dell’ateneo. Tutti sono stati rinviati a giudizio il 24 marzo scorso per turbativa d’asta e falso commesso da pubblico ufficiale. Due imprenditori hanno patteggiato una pena di 10 mesi. L’Università di Messina si è costituita parte civile nel procedimento.
La vicenda dell’appropriazione indebita evidenzia come il controllo sui fondi pubblici destinati alla ricerca universitaria rimanga un tema cruciale, sottolineando l’importanza di trasparenza e correttezza nell’uso delle risorse pubbliche.
Il sequestro di 2,5 milioni e le contestazioni per appropriazione indebita segnano un passo significativo nelle indagini su presunti abusi all’interno dell’Università di Messina, confermando la necessità di vigilanza rigorosa sulla gestione dei fondi pubblici.



