Le violenze negli istituti penitenziari italiani non sono più casi isolati, ma una realtà quotidiana che conferma un dato inquietante: agenti senza tutela, costretti a operare in condizioni sempre più rischiose. La denuncia arriva dal Cnpp, che parla apertamente di una “gestione fallimentare” incapace di proteggere il personale.
L’episodio più grave delle ultime settimane arriva dal carcere Ucciardone di Palermo, dove dieci agenti sono stati aggrediti contemporaneamente. Una violenza improvvisa e brutale che ha lasciato dieci famiglie nell’angoscia, dieci operatori feriti e un sistema incapace di rispondere in modo adeguato.
Il Segretario Nazionale del Cnpp, Maurizio Mezzatesta, parla di una situazione ormai fuori controllo: detenuti già responsabili di aggressioni rimangono spesso nella stessa struttura — talvolta nello stesso reparto — mentre altri detenuti, con reati meno gravi, vengono trasferiti rapidamente. Un paradosso che alimenta la percezione di agenti senza tutela.
Gli ultimi giorni confermano un quadro preoccupante. In varie città italiane nuovi agenti sono finiti in ospedale mentre i responsabili delle aggressioni restano nelle medesime sezioni detentive. Una dinamica che espone il personale a rischi enormi e genera un diffuso senso di abbandono istituzionale.
Nel carcere di Siracusa un agente è stato circondato e aggredito da otto detenuti contemporaneamente, in una condizione di quasi totale solitudine operativa. L’episodio mostra, secondo il Cnpp, la totale incapacità del sistema di garantire livelli minimi di sicurezza a chi indossa la divisa.
Ad Augusta è stata superata un’ulteriore soglia di brutalità: un agente è stato colpito da olio bollente lanciato da un detenuto. Un gesto descritto come “medioevale”, che rivela la gravità di un sistema che non riesce più a contenere la violenza interna.
La sequenza di aggressioni ricorda sempre meno la routine di un istituto penitenziario e sempre più un bollettino di guerra. Mancano personale, mezzi, tutele e strategie di gestione adeguate.
Il timore sollevato dal Cnpp è drammatico: si continua a ignorare l’emergenza, a minimizzare, a rinviare. E la domanda resta sospesa, con una crudezza disarmante: quanto ancora si aspetterà, finché non ci scappi il morto?