Il Tribunale di Sciacca in composizione collegiale ha disposto nove condanne e un’assoluzione per componenti del consiglio di amministrazione, commissari liquidatori e un imprenditore nel processo per bancarotta fraudolenta riguardante la cantina sociale Enocarboy di Sciacca.
Il processo ha riguardato fatti in un periodo compreso tra il 1999 e il 2010. La sentenza di fallimento pronunciata dal Tribunale di Sciacca dell’Enocarboy risale al febbraio 2010. Il Tribunale di Sciacca, in composizione collegiale (presidente Antonio Tricoli, a latere Valentina Del Rio e Paolo Gabriele Bono) ha inflitto con questa sentenza di primo grado 8 anni di reclusione ai componenti del consiglio di amministrazione Francesco Turturici, di 84 anni, di Sciacca; Matteo Cutino, di 63 anni, di Ribera; Salvatore Ciaccio, di 86 anni, di Sciacca; Arturo Morreale, di 59 anni, di Palermo.
Sette anni e 6 mesi di reclusione a un altro componente del consiglio di amministrazione, Giuseppe Tulone, di 80 anni, di Sciacca, ed ai commissari liquidatori Vincenzo Marinello, di 55 anni, di Sciacca, e Concettina Chiarini, di 77 anni, di Porto Empedocle.
Condanna a 7 anni di reclusione per Giuseppe Bono, di 55 anni, di Sciacca, imprenditore del settore oleario, e 6 anni per Antonino Sutera, di 68 anni, di Sciacca, componente del cda. L’unico assolto per non avere commesso il fatto Pasquale Caro, di 80 anni, di Montallegro, componente del cda per meno di tre mesi, a cavallo tra il 2002 e il 2003, difeso dall’avvocato Fabio Inglima Modica.
Componenti del cda e commissari hanno operato in periodi diversi e secondo l’accusa gli imputati, con condotte diverse, avrebbero compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del fallimento, concorrendo a cagionare ed aggravare il dissesto della società.
Sempre secondo l’accusa la cantina dal 1999 quando l’esercizio si chiudeva con una perdita di quasi 2 miliardi e mezzo di vecchie lire e il 2000 con oltre 2 miliardi, gli amministratori dell’epoca anziché mettere in liquidazione la società avrebbero stipulato, nel 2002, un contratto di associazione in partecipazione con un’altra società la quale si impegnava a versare nelle casse della Enocarboj 2 miliardi di lire per il rilancio dell’attività produttiva e l’ammodernamento degli impianti, quota che non sarebbe mai stata interamente versata. Questa società è stata a sua volta dichiarata fallita nel 2002 dal Tribunale di Marsala.
L’imprenditore Giuseppe Bono entra nel processo per un contratto di affitto dello stabilimento, stipulato nel 2009, che in realtà, secondo l’accusa, nascondeva una sorta di partenariato commerciale, assimilabile ad una associazione in partecipazione, in danno della Enocarboj.
Le difese con gli avvocati Maurizio Gaudio, Giuseppe Picone, Aldo Rossi, Filippo Marciante, Matteo Ruvolo, Giovanni Vaccaro, Maria Floriana Salamone e Michele Friscia, hanno sostenuto la legittimità delle operazioni poste in essere nell’esclusivo interesse della cantina, senza alcun pregiudizio per i creditori.