Cronaca / Attualità

Siracusa, rivolta al carcere di Cavadonna e protesta degenerata nel blocco 20

Una protesta iniziata in forma silenziosa è degenerata in una rivolta al carcere di Cavadonna, dove alcuni detenuti del blocco 20 hanno aggredito il personale di polizia penitenziaria, causando danni alla struttura e il ferimento di un sovrintendente.
Da diversi giorni, un gruppo di detenuti del penitenziario siracusano si rifiutavano si rientrare nelle proprie camere per la notte, proseguendo una forma di protesta pacifica che, nonostante i ripetuti inviti della direzione, non si è interrotta.

Intervento della polizia penitenziaria dopo la protesta

A fronte del protrarsi della situazione, è stato disposto l’intervento di un contingente composto da oltre un centinaio di agenti di polizia penitenziaria. I detenuti del primo piano del blocco 20 sono rientrati senza opporre resistenza.
Le tensioni sono emerse al secondo piano, mentre la rivolta è esplosa al terzo piano, dove alcuni detenuti, alla vista degli agenti, hanno dato in escandescenze, reagendo con minacce, spintoni e azioni violente.

Distrutte le telecamere e attivati gli idranti

Durante i disordini, i detenuti si sono barricati nella sezione, distruggendo le telecamere di videosorveglianza per evitare le riprese. Nonostante ciò, alcuni di loro avrebbero utilizzato telefoni cellulari per registrare scene della rivolta, con l’intento di diffonderle sui social network.
Nel corso della rivolta sarebbero stati attivati anche gli idranti, indirizzando il getto d’acqua contro il personale impegnato nel tentativo di ripristinare l’ordine.

Sovrintendente ferito negli scontri

Nella confusione generata dalla sommossa, un folto gruppo di detenuti ha accerchiato un sovrintendente di polizia penitenziaria, scaraventandolo a terra. L’agente ha riportato lesioni giudicate guaribili in cinque giorni.

Le motivazioni della protesta

Secondo quanto denunciato dai detenuti coinvolti, alla base della protesta vi sarebbero la mancanza di acqua calda e la presenza di cimici nelle celle. Circostanze che avrebbero alimentato il malcontento, sfociato poi nella degenerazione violenta dei fatti.

L’episodio riporta l’attenzione sulle condizioni detentive e sulle criticità operative all’interno degli istituti penitenziari, come quello di Cavadonna, dove la tensione resta alta dopo i gravi disordini.

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