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Comune di Sciacca

Commenti. “Sciacca Città per parti”. 2: “Spazi di risulta” e “Aree residuali”. Possibilità di rigenerazione. A cura dell’arch. Paolo Ferrara

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Nuovo appuntamento, sul nostro sito, con le interessanti analisi del territorio di Sciacca e del suo attuale fabbisogno urbanistico, a cura dell’architetto Paolo Ferrara. Questa volta vi proponiamo un esame della possibilità di recuperare quelli che si definiscono Spazi di risultaAree residuali.

Prima parte.

Spazi di risulta. Sono da intendersi quei luoghi formati dai “vuoti” risultanti tra una parte e l’altra della città edificata; spesso, non avendo alcuna funzione, fruizione e manutenzione, si presentano oggettivamente in stato di degrado. A Sciacca li possiamo identificarli in due specifiche aree, entrambe formatesi in conseguenza della nascita del quartiere Perriera: quella del Cansalamone (posta tra la Perriera e la città preesistente), e quella posta tra il versante sud della Perriera e la Via Lido/Tonnara. Sono il risultato della distorta pianificazione tipica degli anni ’70 del XX sec., dettata più dagli interessi privati (per quanto legalmente attuati) che non da quelli della collettività. A tale proposito, basti dire che in quegli anni, mentre in Italia calava drasticamente il consumo di cemento quale materia prima del settore edilizio, denotandone ciò il rallentamento, in Sicilia si registrava la tendenza opposta, la qualcosa è eloquente se consideriamo che, contestualmente, l’emigrazione era fenomeno costante. La Sicilia si svuotava ma, nel frattempo, si costruivano sempre più “nuove” abitazioni, fatto che comportò l’abbandono dei nuclei antichi e il conseguente decadimento del patrimonio edilizio degli stessi.

Aree residuali. Sono aree urbanizzate e, in alcuni casi, storicamente consolidate, ma oggi ridotte in condizione di estraneazione dal “sistema-città” poiché il loro assetto e la loro funzione non rispondono alle esigenze che la contemporaneità richiede, restandone così assolutamente decontestualizzate.

Sciacca è piena di entrambi gli elementi urbani (Spazi di risulta e Aree residuali); con questo intervento -diviso in due parti- si cercherà di analizzarne alcuni, con l’obiettivo di capire come potrebbero essere rigenerati e come -a loro volta- potrebbero rigenerare tutto il “sistema-città”. Diventerebbero così il parametro per un nuovo sentire estetico ed etico che, con interventi terapeutici, possa generare dinamiche che siano realmente organiche al “sistema-città”, al modus vivendi e operandi della società contemporanea, proiettata nel futuro. Fondamentale è considerarli elementi urbani da connettere l’uno con l’altro, immettendo in ciascuno di essi funzioni d’uso che siano realmente vissute, generando così la “riqualificazione attiva”, intesa quale sinergia tra la realtà fisica (risanamento architettonico) e la realtà produttiva (riscontro economico e sociale). “Connetterli”, dunque, perché solo la loro sinergia può realmente dare frutti a tutto il “sistema-citta”, sotto ogni punto di vista.

Il Porto – Area residuale. Assodato che il mare è “territorio”, sostanziale è la differenza tra una città costiera e una dell’entroterra. Sciacca nasce sulla costa ed è, da sempre, “città cerniera”, cioè elemento di mediazione/connessione tra due territori. E’ una condizione che le permetterebbe di gestire al meglio la duplice possibilità di espansione della propria crescita economico/sociale: quella che si protrae nella terraferma, e quella che si protrae sul mare. Per tale motivo, il “sistema-città/territorio” di Sciacca lega anche al porto la propria storia evolutiva. L’importanza di questa infrastruttura è propria di tutte le antiche città costiere cinte da mura, ove il porto era posto fuori da esse poiché elemento non introspettivo, e non solo dal punto di vista prettamente fisico. Difatti, il porto rappresenta idealmente il prolungamento all’infinito del “sistema-città/territorio” ed è, perciò, l’organo vitale della città che, più degli altri, dovrebbe mutare con il mutare dei tempi, così da renderla pronta ad accogliere le nuove istanze della contemporaneità del momento, che dovranno poi trovare conseguenzialità anche nel resto del “sistema-città”. Purtroppo, Sciacca è rimasta assolutamente indietro rispetto le potenzialità che la sua condizione geografica le avrebbe consentito, non andando oltre la funzione di porto peschereccio, trascurando del tutto lo sviluppo che un porto commerciale e, soprattutto, turistico avrebbe consentito a suo beneficio economico. Ad oggi, il porto è un elemento urbano non rispondente alle nuove istanze della Sciacca proiettata nel XXI secolo che, proprio in virtù del suo duplice rapporto con il territorio, dovrebbe basare la propria economia anche sul turismo e sul commercio indotti per “via territorio-mare”. Il porto è “area residuale” poiché “residuo” di un “sistema-città” del passato, oramai anacronistico, rimasto con la medesima destinazione d’uso originaria, quella peschereccia. Anche questa funzione non ha però avuto la possibilità di svilupparsi in modo adeguato perché, pur essendo il porto cresciuto fisicamente (i suoi bracci) e nella flotta peschereccia, non è mai stato rinnovato il sistema infrastrutturale a suo supporto. Allo stato di fatto, l’accesso ai moli è estraneo a qualsiasi criterio di modernità, incapace di essere adeguato al sistema commerciale che è indotto dalla funzione peschereccia. Il suo tessuto urbano, caratteristico e storicamente consolidato, diviene involontario ostacolo alla funzionalità del porto stesso, che non deve più sopportare il traffico di carretti, asini e cavalli ma quello di automobili e camion. Non essendo concepibile qualsivoglia idea d’intervento demolitorio del nucleo edilizio della marina, ci si deve adoperare affinché la modernizzazione del porto s’inveri sul territorio mare. Ciò è quanto sembra possa realizzarsi se il porto sarà realmente ridefinito come da PRG, che prevede: la nascita del “molo turistico” per navi e di una “banchina commerciale” in corrispondenza della prima parte del Borgo dello Stazzone; il “bacino peschereccio”, in corrispondenza dell’attuale attracco delle imbarcazioni da diporto; lo spostamento di queste ultime nel “bacino turistico”, in corrispondenza dell’attuale porto peschereccio, adiacente al nucleo edificato.  Analizzando la specifica tavola del PRG è facile verificare come l’attuazione di queste previsioni produrrà una serie di dinamiche particolarmente importanti, che dovranno però essere gestite con lungimiranza, andando oltre le indicazioni del PRG stesso e innescando un processo di rigenerazione complessiva su quelle aree urbane che, seppure indirettamente, avranno a che fare con il nuovo porto. Ad esempio, sarà ineludibile il rapporto diretto tra il nuovo sistema-porto con l’ “area residuale” qual è il Borgo dello Stazzone e con lo “spazio di risulta” dell’area del Cansalamone, che ne diverranno parte integrante e certamente fisiologica, ad evidenziare che il “sistema-città” è inscindibile  e che un’azione fatta su di un’area si riverbera su altre, ma negativamente se non gestita al meglio.

Il Borgo dello Stazzone – Area residuale. Era storicamente il borgo da raggiungere a piedi, arrivandovi passando dalla marina e da Gaie di Garaffe.  Lo Stazzone era anche il punto d’arrivo alla spiaggia, inizio del litorale che arrivava a Capo San Marco. Nell’inverarsi del duplice rapporto di Sciacca con il territorio, se Porta San Calogero e Porta Palermo erano il punto cardine di quello con “il territorio entroterra”, il Borgo lo era nel rapporto con il “territorio mare”. Il Borgo si è però, man mano, trasformato in “area residuale”, che vive solo di se stessa, senza alcun percorso pedonale (che tale si possa definire) che consenta di connetterlo, senza soluzione di continuità, al nucleo antico. Anacronistica è la scalinata che da Piazza Scandaliato scende sino alla curva di Via Stazione poiché non si connette con altro percorso pedonale che si direzioni verso il Borgo. Inesistente è qualsiasi altro percorso che dal nucleo antico ci permetta di arrivare comodamente al Borgo, così come lo è anche la possibilità di continuare dal Borgo verso il litorale ovest causa gli edifici costruiti sulla spiaggia, mentre tortuosa- e tra la sporcizia- è quella che lo collega al porto. E’ un elemento urbano raggiungibile esclusivamente in automobile/moto, virtualmente diviso in due: l’area dei residenti e quella delle attività commerciali e ludiche, posizionate nel casermone che nacque nel sedime del Molino Cuore, più degne di un centro commerciale che non di un borgo. Il PRG adottato pone il Borgo quale centro del sistema che il nuovo porto, se realizzato, andrà a conformare; infatti, è proprio in corrispondenza della prima parte del Borgo che nasceranno la banchina turistica (per le navi) e quella commerciale (precisamente, tra l’Ufficio Circondariale Marittimo e il grande piazzale del Borgo, recentemente realizzato ex novo). Tali, nuove, destinazioni d’uso sottintendono anche la possibilità di un grande flusso pedonale di turisti che, una volta sbarcati, si dirigerà verso il nucleo antico e verso il porto. E’ però assolutamente importante che possano “vivere” anche il Borgo, così che esso ne ricavi giovamento e non nocumento: insomma, il Borgo sarà un altro “ingresso” alla città, tanto quanto lo sarà il nucleo edificato dell’attuale porto, i cui adiacenti bacini (attualmente pescherecci) saranno adibiti all’attracco delle imbarcazioni da diporto.  Per vivere la sua “riqualificazione attiva” dovrà essere un luogo d’accoglienza, una sorta di “Borgo concierge” della città, un luogo assolutamente decoroso, affascinante e con attività ad esso consone. Soprattutto, è da evitare che diventi il margine delle banchine portuali, solitamente connotato dal degrado, lasciando che la parte privilegiata diventi quella delle aree destinate dal PRG a “(D 1.5)  insediamenti commerciali a servizio della città e dell’area portuale misti a residenza”, nello specifico identificate  con tutta l’area dell’ex stazione e  dell’ex mobilificio. Purtroppo, questa impostazione del PRG ha creato il serio pericolo che il Borgo sia relegato non a luogo di sosta attiva, bensì di transito passivo verso il nucleo antico, a tutto vantaggio della citata area di Piano D1.5, la cui “rendita di posizione” si è così elevata esponenzialmente. Nell’ottica di una città turistica sarebbe stato indubbiamente più logico destinarla ad “area verde pubblico”, creando un altro piccolo parco che fosse a servizio del Borgo e della zona residenziale di Via Lido, prevedendo -al contempo- per il Borgo dello Stazzone una serie di funzioni atte all’accoglienza e permanenza dei turisti, tenendo conto che molti di loro, oltre al giro turistico per il nucleo antico,  non disdegnerebbero un bagno a mare, piacere che potrebbero soddisfare dirigendosi verso il litorale (Lido), dovendo così attraversare e “vivere” l’intero Borgo.

L’area del Cansalamone – Spazio di risulta. Anche questo elemento urbano sarà pienamente coinvolto dalla realizzazione del nuovo porto. E’ sufficiente osservare la tavola del PRG per cogliere che la principale strada d’accesso a esso sarà quella che insiste nell’area del Cansalamone: autobus, camion commerciali, automobili provenienti da fuori città passeranno solo da lì e accederanno al nuovo porto direttamente dall’attuale ingresso al Borgo dello Stazzone (rotonda del ponte ex ferrovia). Allo stato attuale, si tratta di un elemento urbano da annoverare tra quegli “spazi di risulta” che possiamo definire derelitti poiché, nonostante sia elemento fisicamente rilevante del “sistema-città”, è totalmente abbandonato a se stesso. L’adottato PRG destina la zona in “(E.2) agricola non edificabile”, non dimostrandosi lungimirante rispetto le vere esigenze della città. Infatti, si tratta di un’area che si presterebbe ottimamente a divenire anch’essa un parco urbano, con prati e pinete, in cui inserire aree di sosta e sportive, percorsi di passeggio e di running (molto meglio correre tra gli alberi che non in Via Allende o in Via Lido). Sciacca non ha alcun vero “parco urbano”, elemento che, oltre ad essere importante dal punto di vista della salubrità e da quello della bellezza paesaggistica, potrebbe includere funzioni diversificate, compresa quella culturale (ad esempio, facendone luogo di mostre permanenti/museo a “cielo aperto” dell’arte ceramista). Per essere turisticamente e salubremente vivibile, è indubbio che la città dovrebbe offrire molteplici percorsi pedonali anche al di fuori del nucleo antico; a questo scopo, la rigenerazione di questo vallone sarebbe strategica perché diventerebbe l’elemento di interconnessione tra più “parti” della città; una riconnessione pedonale che coinvolgerebbe la città esistente (ingressi dalle adiacenti Via Meli, Via Modigliani, Via Campanella/piazza Sturzo), la Perriera, l’area del Borgo dello Stazzone, l’imbocco di Via Lido e l’area del porto. Va da sé che una tale destinazione d’uso trasformerebbe il vallone da “spazio di risulta” in area organica al “sistema-città”.  Sarebbe strategico inserirvi anche un “parcheggio multipiano” (di massimo tre elevazioni), posto all’altezza dell’intersezione tra la strada del Cansalamone e il ponte della Perriera; darebbe modo di parcheggiare comodamente (oltre che ai saccensi, soprattutto a chi proviene dai versanti di Palermo e Trapani), per poi raggiungere a piedi -oltre allo stesso parco urbano– il nucleo antico, il porto, il borgo dello Stazzone. Inoltre, la sua costruzione servirebbe a rivisitare in termini propositivi l’orrendo e deturpante impatto paesaggistico creato dal ponte della Perriera, visibile soprattutto quando si percorre la strada del Cansalamone. Per ovvie ragioni, del ponte non si può fare a meno e, dunque, si deve lavorare per eliminare la triste scena paesaggistica che crea, ma che potrebbe essere annullata proprio da un’altra infrastruttura, non da giustapporre al luogo quale semplice scatolone/contenitore, bensì architettonicamente ben concepita. Si pensi a un parcheggio multipiano che abbia sulla sua copertura un giardino panoramico verso il mare (parallelo alla sommità del ponte e, dunque, area pedonale per percorrerlo da un punto all’altro). “Osservare il mare” è, infatti, un elemento paesaggistico pregnante di Sciacca; il parcheggio multipiano non deve essere inteso quale oggetto funzionalmente amorfo bensì quale elemento paesaggistico di continuità dello stesso parco urbano, proiettandolo virtualmente in contatto con il mare. Coniugando la funzione parco urbano con la funzione parcheggio si rigenererebbe anche l’ingresso carrabile alla città che, secondo le previsioni PRG, condurrà alla nuova area portuale, percorso che, a oggi, è assolutamente derelitto (edifici non completati, sterpaglie, strada dissestata, etc.).

Litorale di Via Lido/Tonnara – Spazio di risulta. Dicevamo che “osservare il mare” è un elemento paesaggistico pregnante di Sciacca. Il limite sta, purtroppo, nel poterne usufruire direttamente poiché la nostra è una “città di mare” ove per andarci, al mare, è necessario farlo con un mezzo di trasporto su gomma; prenderne atto significa essere consapevoli di quanto fallimentare sia stata l’azione politica nella gestione e nel controllo del territorio. Dagli anni ’70 del XX sec., la costa ovest (ma poi anche la est: Lumia/Timpi Russi/San Giorgio)  è stata preda delle costruzioni poste in prossimità della spiaggia, in un processo di cementificazione che ha precluso la possibilità di creare un lungomare attrezzato nonostante, seppure in nuce, ci fosse già negli anni ‘50 e ’60 (ricordiamo lo stabilimento del Lido, attrezzato di docce, cabine e servizi). Il litorale in oggetto è, oggi, uno “spazio di risulta” connotato da grovigli di sterpaglie, da accessi al mare precari risultanti nello spazio tra i muri di cinta delle villette, corredati da rigagnoli fognari. Con interventi mirati e coraggiosi potrebbe diventare area di valore funzionale ed estetico, oltre che per la spiaggia, anche per le stesse abitazioni, ridando valore al litorale nel suo insieme. La possibilità di creare continuità pedonale tra le diverse componenti urbane deve essere obiettivo centrale per ribaltare il consolidato stato di Sciacca quale città fruita prevalentemente su gomma. Ciò è ancora più urgente se si considera che non vi è alcuna possibilità di usufruire delle spiagge del litorale potendovi arrivare, dalla città, attraverso percorsi pedonali (che tali siano), il che è certamente un limite anche per quei turisti che  soggiornano nelle strutture del nucleo antico. Comunque sia, nonostante la situazione del litorale invaso da abitazioni civili sia certamente “paesaggisticamente” precaria, non è comunque folle credere nella possibilità di creare un percorso “lungomare”, che prenda corpo dal lato ovest del Borgo dello Stazzone e arrivi sino a Capo San Marco. Non si deve ovviamente pensare a una strada carrabile bensì a un percorso pedonale posto tra la spiaggia e gli edifici, con una quinta di vegetazione che li separi e con l’immissione di servizi alla balneazione. Un percorso che potrebbe certamente coniugarsi con quello della “greenway” per la quale molti si sono encomiabilmente spesi e per la quale, dopo il blocco della vendita della tratta ferroviaria, non si deve assolutamente perdere l’occasione di attuazione.

Osservando la foto satellitare si evince che la “rigenerazione” è ancora possibile, ma a condizione che chi amministrerà abbia la lungimiranza (e il coraggio) di pianificare l’ex novo secondo i criteri della progettualità contemporanea, che si basa sulle tecniche di costruzione più avanzate (intendendo anche l’aspetto dell’impatto ambientale) e sull’espressività linguistico/architettonica di spessore. In fin dei conti, l’aggressione al litorale è stata così massiccia e disordinata che, allo stato delle cose, non avrebbe alcun senso schermirsi dietro fumose volontà di preservazione e tutela di qualcosa che non c’è più. Piuttosto, è il caso di non darsi per vinti ma studiare tutte le possibili modalità per il rilancio di un litorale che, dal Borgo dello Stazzone alla Foggia, si sviluppa per circa due chilometri, che è una dimensione certamente gestibile.

Fine prima parte

N.B. L’ipotesi di progetto sul Cansalamone riportata nelle immagini (così come tutte le altre ipotesi che seguiranno nei successivi articoli riguardanti altre parti della città) deve essere intesa quale mera esemplificazione. L’auspicio è che l’amministrazione comunale possa programmare l’affidamento dello studio delle criticità della città a professionisti riuniti in gruppo, in prima battuta certamente a titolo gratuito quale contributo alla città.

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