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Non è stata una “domenica bestiale”: è stato un corteo civile e corretto. Ma, per favore, ora basta

Per fortuna, alla fine, non è stata una “domenica bestiale” quella che si accinge a concludersi a Sciacca. I patemi legati alla manifestazione animalista per protestare contro l’avvelenamento dei ventisette cani randagi di Muciare si sono rivelati ingiustificati. Sulla città, peraltro, non c’è stata alcuna invasione di “black bloc” travestiti da amanti degli animali. A sfilare sono state solo alcune centinaia di persone, tutte assolutamente pacifiche, venute in città sfidando il freddo e la pioggia, da ogni parte della Sicilia. Partecipanti al corteo che si sono limitati a qualche slogan e a gridare la loro rabbia contro quanto successo. Tutto è bene quel che finisce bene, dunque.

Certo, è facile fare queste considerazioni col senno di poi. Lo si fosse saputo prima, magari, non ci sarebbe stato bisogno né di blindati né di un numero sicuramente eccessivo di agenti di Polizia. Nessuno aveva mai detto che ci sarebbero stati disordini, s’intende. Ma certi toni usati sui social network avevano destato più di qualche preoccupazione, soprattutto nelle forze dell’ordine.

Ora, però, basta. Sì, perché ha ragione Anna Maria Friscia, responsabile dell’A.N.T.A.: quello che è successo a Muciare non deve più ripetersi, e la morte di quei cani deve in qualche maniera servire a trovare le soluzioni. Soluzioni concrete, che vadano oltre le belle parole che, come si sa, non sono mancate, a partire da quelle del presidente della Regione Nello Musumeci. Perché in Italia siamo bravissimi a parlare sull’onda emotiva. È quando si tratta di assumere iniziative concrete che il silenzio diventa assordante.

Francesca Valenti, che ha dovuto affrontare la sua prima vera crisi da quando è sindaco, ha chiesto alla Regione strumenti utili e concreti per la realizzazione di un canile pubblico, ma anche per una pianificazione seria di un piano di sterilizzazioni e di microchippature, per la costruzione di un rifugio sanitario (forse è davvero arrivato il momento di permettere all’A.N.T.A. di occuparsene) che agevoli una programmazione delle adozioni anche internazionali.

Ma di strumenti servono anche quelli per attivare un percorso educativo e culturale che non può non vedere, al centro di tutto, i proprietari dei cani. Sedicenti amanti degli animali che devono rispettare chi, pur accettando la civile convivenza con i cani, magari chiede solo che i loro padroni non lascino per strada le loro deiezioni. Molti padroni di cani, poi, devono smetterla di abbandonare i cuccioli in ogni dove, devono capire che devono registrare i loro cani, che devono sterilizzarli. Perché la mattanza a suon di polpette avvelenate è, poi, lo scenario più drammatico, che non ha alcuna giustificazione ma che, al tempo stesso, è possibile scongiurare, modificando i comportamenti dei singoli.

I volontari che sfamano i cani randagi devono capire (e, ci risulta, hanno già capito) che non è questo il modo per manifestare il proprio amore nei confronti degli animali. Ora basta. Sono tante le emergenze di questo territorio. Il randagismo è una di queste. Massimo rispetto per la sensibilità animalista, ma la vicenda ha assunto connotazioni a dir poco grottesche, violente nei toni e nelle accuse alle persone, con un’intera comunità additata come antropologicamente violenta, omertosa, con toni ormai ottocenteschi sulla natura dei meridionali. Comunità che oggi è rimasta a casa. D’altronde Sciacca non è una pasionaria della piazza, come sappiamo su temi molto concreti, come Terme e ospedale. Ma le parole pesano come macigni. Gli indigeni oggi hanno risposto così alla sequela di insulti più o meno generalizzati piovuti in questi giorni sulla città intera. Anche se il corteo di oggi è stato assolutamente corretto e civile.

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