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Mafia, droga e armi tra Agrigento e Porto Empedocle, 13 fermati

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Un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga per agevolare “Cosa Nostra” e’ stata scoperta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Agrigento tra Porto Empedocle, Agrigento, Favara e San Cataldo.

I carabinieri agrigentini con il supporto dei colleghi del Nucleo Eliportato Cacciatori di Sicilia e dei Nuclei Cinofili di Palermo e Nicolosi, hanno dato esecuzione al provvedimento di fermo emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo, Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 13 persone, 5 delle quali si trovano già detenuti in carcere.
Il blitz trae origine dalle attività d’indagini svolte dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo Carabinieri di Agrigento e dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dal mese di dicembre 2024.

Si tratta di un filone d’indagine dello scorso 14 gennaio che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 48 persone, aventi ad oggetto la ricostruzione dell’organigramma e delle attività criminali delle famiglie mafiose di Porto Empedocle e di Agrigento-Villaseta, rispettivamente guidate Fabrizio Messina e Pietro Capraro.

L’associazione si distingue per le ingenti disponibilità economiche e di numerose armi, per di più in un contesto caratterizzato da una instabilità degli equilibri mafiosi faticosamente raggiunti nel tempo, cui si aggiungono i sempre più pericolosi, persistenti e documentati collegamenti tra gli associati ristretti all’interno del circuito carcerario e gli ambienti criminali esterni.
È stato riscontrato, infatti, un sistematico utilizzo di apparecchi telefonici da parte degli uomini d’onore, o di soggetti contigui al sodalizio, durante i rispettivi periodi di detenzione, lasciandone in tal modo inalterate le capacità di comando e consentendo loro di mantenere i contatti con i correi in libertà e di impartire ordini e direttive.
Molto rilevante ai fini investigativi, è stata l’analisi sui dati informatici contenuti nella copia forense dello smartphone utilizzato dall’indagato James Burgio e sottoposto a sequestro in occasione della perquisizione eseguita nei suoi confronti il 17 dicembre 2024 presso la camera detentiva all’interno del Carcere di Augusta ove al momento si trovava recluso.

Dal dispositivo telefonico, insieme agli esiti delle attività tecniche di videosorveglianza ed intercettazione, ha consentito di ricostruire la struttura di un’associazione criminale dedita al traffico di sostanza stupefacente del tipo cocaina e hashish, al cui vertice vi era il detenuto Burgio il quale sfruttando appunto la sua capacità di mantenere con l’esterno elevate capacità comunicative, si è reso protagonista di una vera e propria esponenziale ascesa criminale che gli ha consentito di porsi quale interlocutore, in termini di sostanziale parità, con esponenti di primo piano di cosa nostra agrigentina come Pietro Craparo e Gaetano Licata, componenti della famiglia di Agrigento/Villaseta rispettivamente con il ruolo di capo e di principale gregario di quest’ultimo, nonché promotori di una distinta associazione criminale anch’essa dedita al traffico di sostanza stupefacente operante nella provincia di Agrigento ed in rapporti con esponenti di cosa nostra di Palermo.

È emersa, quindi, un’ampissima disponibilità di armi – anche da guerra – in capo ai sodali, che utilizzavano per compiere atti intimidatori .

In particolare, negli atti intimidatori perpetrati rispettivamente nel mese di dicembre 2024 ai danni di una rivendita di frutta e verdura di Agrigento e nello scorso mese di giugno ai danni di un panificio di Porto Empedocle, venivano esplosi a raffica svariati colpi utilizzando un fucile mitragliatore kalashnikov.

Ultimate le formalità di rito, tutti i fermati sono stati tradotti presso le Case Circondariali di Agrigento, Palermo, Sciacca e Caltanissetta.

Le perquisizioni effettuate, fino ad ora, hanno permesso di rinvenire e sequestrare un fucile mitragliatore kalaschnikov completo di due caricatori, nascosto all’interno di un casolare posto in un terreno abbandonato ma riconducibile a uno degli indagati. Sempre all’interno dello stesso casolare sono stati rinvenuti 16 panetti di hashish confezionati in cellophane.


Inoltre, ad altri tre indagati è stata rinvenuta e sequestrata la somma in contanti rispettivamente di circa 18.000, 12.500 e 12.000 euro in banconote da diverso taglio che non riuscivano a giustificare.
Sequestrati anche due caschi e un giubbetto antiproiettile

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