Tredici fermi nel Trapanese tra uomini vicini a Matteo Messina Denaro: indagato il sindaco di Calatafimi

Le squadre mobili di Trapani e Palermo sono entrati in azione questa notte fermando ben tredici persone, fra cui il Nicolò Pidone, 57 anni, considerato il nuovo boss di Alcamo. Una operazione che infligge un duro colpo della polizia al clan mafioso di Calatafimi-Segesta a caccia di presunti mafiosi molti dei quali vicini al numero uno di cosa nostra, Matteo Messina Denaro.

Venti gli indagati tra i quali anche il sindaco di Calatafimi-Segesta, Antonino Accardo, accusato di corruzione elettorale ed estorsione, e diversi imprenditori. Dalle intercettazioni è emerso che avrebbe pagato 50 euro a voto per le elezioni dell’anno scorso a sindaco del comune di Calatafimi Segesta. Insegnante in pensione, 73 anni, Accardo ha alle spalle alcune esperienze da assessore e anche consigliere comunale a Calatafimi.

Tra gli arrestati anche alcuni imprenditori: un dirigente di un’azienda pubblica di Trapani che è anche presidente di una cantina sociale: Salvatore Barone, ex presidente dell’Atm. In corso anche una serie di perquisizione nelle campagne del trapanese per la ricerca di armi.

Finito in manette anche Stefano Leo, ritenuto uomo dio fiducia di Vito Gondola, numero uno di cosa nostra a Mazara del Vallo e che negli anni scorsi avrebbe affiancato Messina Denaro nella sua latitanza.

L’indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Francesca Dessì e Piero Padova.

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