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Affitti brevi, svolta storica: Regioni e Comuni possono limitarli o bloccarli. Cosa cambia dopo la sentenza della Corte Costituzionale

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Il mercato degli affitti brevi entra in una nuova fase. Con una decisione destinata ad avere effetti concreti su proprietari, investitori e amministrazioni locali, la Corte Costituzionale ha stabilito che la locazione turistica non rientra tra i contenuti essenziali del diritto di proprietà e può quindi essere limitata o regolata da Regioni e Comuni per ragioni sociali, urbanistiche e di interesse collettivo.

La pronuncia – sentenza n. 186/2025 – rappresenta un passaggio chiave nel dibattito sugli affitti turistici, soprattutto nei grandi centri urbani e nelle aree ad alta pressione abitativa, dove l’espansione incontrollata delle locazioni brevi ha inciso sull’offerta di case per residenti e sui prezzi degli affitti tradizionali.


La Corte Costituzionale: la locazione turistica non è un diritto assoluto

Nel motivare la decisione, la Consulta ha chiarito un principio di fondo:
la proprietà privata è tutelata dalla Costituzione, ma non garantisce automaticamente il diritto di utilizzare l’immobile in qualunque forma economica.

Quando la locazione breve assume carattere continuativo, organizzato e stabile, essa può essere assimilata a un’attività economica vera e propria e, come tale, sottoposta a limiti e regole senza che ciò costituisca una violazione del diritto di proprietà o un’espropriazione indiretta.

La sentenza nasce dal ricorso del Governo contro la normativa della Regione Toscana, ma i giudici hanno respinto le censure, riconoscendo agli enti territoriali un ampio margine di intervento nella disciplina degli affitti brevi.


Più poteri a Regioni e Comuni: cosa potranno fare concretamente

Dalla decisione della Corte emergono due conseguenze operative di grande rilievo.

Separazione tra uso residenziale e turistico

Regioni e Comuni potranno:

  • riservare la locazione turistica continuativa agli immobili con destinazione turistico-ricettiva,
  • limitare o vietare l’uso turistico degli immobili residenziali in determinate zone.

Questo significa che la scelta di destinare un immobile agli affitti brevi potrà diventare strutturale, con effetti urbanistici, fiscali e patrimoniali non facilmente reversibili.

Interventi mirati per zone e quartieri

Gli enti locali potranno inoltre:

  • individuare aree omogenee in cui l’overtourism compromette l’equilibrio abitativo,
  • imporre limiti numerici, temporali o geografici alle locazioni brevi,
  • tutelare il diritto alla casa e la qualità della vita dei residenti.

La Corte ha ritenuto legittima questa impostazione perché i Comuni conoscono meglio le dinamiche del territorio e possono calibrare le regole in base alle specifiche esigenze locali.


Equilibrio tra interesse economico e interesse pubblico

Il fulcro della sentenza è il bilanciamento tra libertà economica del singolo e interessi collettivi, come:

  • accesso all’abitazione,
  • coesione sociale,
  • sostenibilità urbana,
  • tutela del tessuto residenziale.

Secondo la Consulta, l’interesse economico del proprietario non può prevalere in modo assoluto quando l’attività incide negativamente sull’assetto della città e sulla funzione sociale della proprietà.


Reazioni contrastanti: favore dei Comuni, timori del settore immobiliare

La decisione è stata accolta positivamente da molti sindaci e amministratori locali, che da tempo chiedevano strumenti normativi più efficaci per governare il fenomeno degli affitti brevi.

Di segno opposto le reazioni delle associazioni immobiliari e delle piattaforme di locazione turistica, che temono:

  • una riduzione del valore degli immobili,
  • una contrazione dell’offerta extra-alberghiera,
  • un aumento del contenzioso amministrativo,
  • un impatto negativo su investimenti e occupazione.

Il rischio, secondo gli operatori del settore, è una regolazione frammentata e disomogenea sul territorio nazionale.


Cosa cambia davvero da oggi

La sentenza non introduce un divieto automatico degli affitti brevi, ma legittima pienamente Regioni e Comuni a intervenire, anche in modo restrittivo, se sussistono motivate ragioni sociali e urbanistiche.

In altre parole, la stagione della deregolamentazione è finita: chi investe o possiede immobili destinati alla locazione turistica dovrà fare i conti con regole locali sempre più stringenti e con un quadro normativo in rapida evoluzione.

Giacomo Cascio
Giacomo Cascio
CEO Blue Owl s.r.l. agency - Editore Risoluto.it

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