Gli aumenti in busta paga previsti dai contratti collettivi nel 2025 potrebbero non tradursi in un reale incremento dello stipendio netto. Il fenomeno è legato al cosiddetto drenaggio fiscale (o fiscal drag), un meccanismo che, combinato alla progressività dell’Irpef e alla mancata indicizzazione delle detrazioni all’inflazione, rischia di vanificare gli adeguamenti salariali al costo della vita.
Secondo quanto evidenziato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) nel Rapporto sulla politica di bilancio 2025, il drenaggio fiscale si verifica quando, a fronte di aumenti nominali degli stipendi, i lavoratori finiscono per pagare più tasse a causa del passaggio a scaglioni Irpef più alti e della riduzione dei benefici fiscali.
Il problema si amplifica in periodi di inflazione elevata. Gli adeguamenti contrattuali, pensati per compensare l’aumento dei prezzi, incrementano il reddito lordo ma non il potere d’acquisto. L’imposta, infatti, cresce in modo progressivo: anche piccoli aumenti di reddito possono far scattare aliquote più alte, erodendo gran parte del beneficio.
L’Irpef è strutturata su aliquote a scaglioni. Quando lo stipendio cresce, anche solo per adeguamento al carovita, la parte di reddito aggiuntivo viene tassata con percentuali più elevate.
A questo si aggiunge la mancata indicizzazione all’inflazione delle detrazioni fiscali e dei parametri di calcolo: mentre i prezzi aumentano, le detrazioni restano fisse, riducendo ulteriormente il netto in busta.
Un altro effetto collaterale riguarda benefici come il Trattamento Integrativo (TIR) e il bonus per il taglio del cuneo fiscale: entrambi sono decrescenti al crescere del reddito e possono ridursi sensibilmente proprio in presenza di aumenti contrattuali, annullando di fatto la crescita del salario reale.
In teoria, la progressività dell’Irpef serve a garantire equità. Tuttavia, senza un adeguamento automatico degli scaglioni all’inflazione, il sistema rischia di penalizzare i redditi medio-bassi, che sono proprio quelli destinatari degli aumenti contrattuali per compensare il carovita.
Il risultato è un paradosso: sale lo stipendio lordo, ma il netto cresce poco o resta invariato, mentre il potere d’acquisto continua a diminuire.
L’Upb ha suggerito interventi mirati per limitare il drenaggio fiscale:
Senza una riforma strutturale, gli aumenti salariali rischiano di rimanere solo nominali, senza alcun impatto reale sul tenore di vita dei lavoratori.