Fumare sul balcone di casa è un’abitudine comune, ma in ambiente condominiale può diventare motivo di conflitto tra vicini. Il problema sorge quando il fumo di sigaretta penetra nelle abitazioni adiacenti, causando disagio o danni alla salute. In questi casi, il diritto a fumare incontra dei limiti, e il vicino può agire per difendere il proprio benessere.
Secondo la legge, fumare sul proprio balcone è generalmente lecito, in quanto rientra nel diritto di proprietà. Tuttavia, tale diritto non è assoluto: deve rispettare i diritti degli altri condomini, in particolare quello a vivere in un ambiente salubre e tranquillo.
Il riferimento normativo è l’art. 844 del Codice Civile, che disciplina le immissioni: rumori, odori, vibrazioni e, dunque, anche il fumo di sigaretta. Se queste superano la normale tollerabilità, possono essere vietate dal giudice.
Il concetto di “normale tollerabilità” non è definito in modo rigido. Spetta al giudice valutarlo caso per caso, considerando:
Dipende dalla natura del regolamento:
Chi ritiene di essere danneggiato dalle immissioni di fumo ha a disposizione diverse opzioni:
Chi si oppone al fumo in balcone deve dimostrare che le immissioni sono intollerabili, ai sensi dell’art. 2697 del Codice Civile. Servono prove documentali o testimonianze che attestino il disturbo concreto.
Fumare in balcone è lecito, ma non illimitato. Quando l’odore di fumo compromette la salute o il benessere degli altri, può essere considerato illecito e sanzionabile. Ogni situazione va valutata nel contesto, ma il principio fondamentale è che la libertà di uno finisce dove inizia quella dell’altro.