Negli ultimi anni, in Italia, il fenomeno dell’indebitamento privato ha registrato una crescita costante, con un debito medio pro capite che ha superato i 29.000 euro. In questo contesto, le attività di recupero crediti sono diventate sempre più diffuse, spesso affidate da banche, finanziarie o aziende di servizi a società specializzate. Tuttavia, non sempre queste operano nel rispetto delle normative vigenti.
Il recupero crediti consiste in un’attività stragiudiziale con cui si tenta di ottenere il pagamento di somme dovute da un debitore, senza ricorrere subito al tribunale. Si tratta di una procedura legittima, ma deve essere svolta nel pieno rispetto della dignità della persona e delle normative civili e di tutela del consumatore.
Le società incaricate possono:
Le società di recupero crediti non possono:
Queste condotte, oltre a violare la privacy, possono configurare reati come molestie, violazione dei dati personali o diffamazione.
Se il debitore contesta l’importo richiesto (per esempio perché già saldato, prescritto o infondato), l’attività di recupero deve essere sospesa. La società ha l’obbligo di verificare la fondatezza della contestazione prima di procedere. In assenza di riscontro, la pratica va interrotta.
Importante sottolineare che le società di recupero non hanno poteri esecutivi: non possono pignorare beni, iscrivere ipoteche o avviare azioni legali se non attraverso avvocati autorizzati con regolare mandato.
Chi si ritiene vittima di comportamenti illeciti può:
Difendersi da pratiche scorrette nel recupero crediti è possibile e previsto dalla legge. Il cittadino ha diritto a essere informato, rispettato e tutelato. In caso di dubbi o comportamenti sospetti, è consigliabile rivolgersi a un avvocato o a uno sportello per la tutela del consumatore, per far valere i propri diritti e – se necessario – ottenere giustizia.