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Formazione obbligatoria dopo l’orario di lavoro: legittima, ma sempre retribuita

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Con l’evoluzione continua del mondo del lavoro, l’aggiornamento professionale è diventato una componente essenziale per molte categorie di lavoratori. Ma cosa accade se la formazione obbligatoria viene organizzata fuori dall’orario lavorativo? È una pratica legittima? La risposta è sì, a condizione che venga sempre retribuita e non comporti costi per il lavoratore, come ribadito anche dalla Corte di Cassazione.

Formazione fuori orario: cosa dice la legge

Due normative fondamentali regolano il tema:

  • Il D.lgs. 81/2008 (Testo unico sulla sicurezza), all’art. 37, stabilisce che la formazione in materia di salute e sicurezza deve avvenire durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri per il lavoratore.
  • Il D.lgs. 104/2022 (Decreto Trasparenza), all’art. 11, estende il concetto di formazione obbligatoria anche a quella prevista da leggi e contratti collettivi, specificando che deve essere gratuita e, ove possibile, svolta durante l’orario di lavoro contrattuale.

Tuttavia, la normativa lascia spazio a eccezioni: in determinati casi, come la disponibilità limitata dei formatori o l’organizzazione su turni, la formazione può svolgersi anche al di fuori dell’orario ordinario, purché nel rispetto dei diritti del lavoratore.

La posizione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha chiarito che il tempo destinato alla formazione, anche se svolto fuori dall’orario ordinario, va considerato a tutti gli effetti orario di lavoro. Ciò significa che deve essere retribuito, e se comporta il superamento dell’orario settimanale previsto dal contratto, deve essere trattato come lavoro straordinario, con le relative maggiorazioni.

Esempio: se un dipendente ha un contratto da 40 ore settimanali e partecipa a un corso di 4 ore in più, quelle ore vanno aggiunte al monte ore e retribuite come straordinario.

È possibile rifiutare la formazione fuori orario?

Dipende. Se la formazione è obbligatoria per legge, per contratto o per motivi di sicurezza, il lavoratore non può rifiutarsi, a meno che non vi siano violazioni nei propri diritti, come la mancata retribuzione o la richiesta di pagare il corso.

Diversamente, se il corso non è obbligatorio e non è concordato, il lavoratore ha facoltà di opporsi senza subire sanzioni.

Chi paga la formazione?

Mai il lavoratore. La legge è chiara su questo punto: i costi della formazione obbligatoria, incluse eventuali trasferte, materiali o strumenti necessari, devono essere completamente a carico del datore di lavoro.

Cosa rischia l’azienda in caso di omissioni

Il mancato rispetto dell’obbligo di formazione espone l’azienda a gravi responsabilità, soprattutto in ambito di sicurezza. La sentenza n. 15697/2025 della Cassazione ha confermato che, in caso di infortunio di un lavoratore non adeguatamente formato, la mancanza della formazione può essere considerata causa diretta del danno. In questi casi, il datore può rispondere anche per lesioni colpose.


📌 In sintesi

  • La formazione obbligatoria può svolgersi anche fuori orario, ma va sempre retribuita
  • Il lavoratore non deve mai pagare il costo della formazione
  • Se la formazione è obbligatoria, il rifiuto non è ammesso senza valide ragioni
  • In caso di omissione formativa, l’azienda è responsabile in caso di infortunio
  • La Cassazione riconosce il tempo di formazione come orario lavorativo, anche se svolto nel weekend o in orari serali

Giacomo Cascio
Giacomo Cascio
CEO Blue Owl s.r.l. agency - Editore Risoluto.it

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