Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8450/2025) introduce un chiarimento significativo in materia di responsabilità civile per danni derivanti da dossi o buche stradali. Il principio ribadito dalla Suprema Corte consente oggi ai cittadini danneggiati di ottenere più facilmente il risarcimento da parte del Comune.
Il caso nasce da un incidente stradale causato da un dosso non segnalato: un motociclista ha riportato lesioni fisiche e danni al veicolo di proprietà di un’altra persona, entrambi ricorrenti in giudizio contro l’amministrazione locale.
L’articolo 2051 del Codice Civile stabilisce la responsabilità oggettiva per i danni cagionati da cose in custodia. Secondo questa norma, chi ha la custodia di una cosa è tenuto a rispondere dei danni provocati, salvo che provi il caso fortuito.
Nel caso in esame, il giudice di primo grado aveva accolto le domande dei cittadini, ma la Corte d’Appello aveva successivamente rigettato le richieste, ritenendo che la disattenzione del conducente potesse escludere la responsabilità del Comune.
Con la sentenza n. 8450/2025, la Cassazione ha ribadito un principio già espresso in decisioni precedenti (Cass. 4051/2024 e 5116/2023): il danneggiato non è tenuto a dimostrare l’insidiosità della strada, né la non visibilità o imprevedibilità del pericolo.
La responsabilità del Comune, in quanto custode della strada, scatta automaticamente quando esiste un nesso causale tra l’anomalia del manto stradale e l’evento dannoso. In altre parole, non serve provare la colpa dell’ente, ma solo che la buca o il dosso ha effettivamente causato il danno.
La Corte ha precisato che:
Questa interpretazione alleggerisce notevolmente l’onere probatorio a carico del cittadino danneggiato, che non dovrà più dimostrare la presenza di “insidie o trabocchetti”, concetti ormai ritenuti estranei al sistema di responsabilità civile per cose in custodia.
Fino a pochi anni fa, ottenere un risarcimento per danni da strada dissestata era più complesso: il danneggiato doveva dimostrare, oltre al danno e al difetto strutturale, anche l’invisibilità e imprevedibilità del pericolo. Questo approccio si basava sulla teoria dell’“insidia”, oggi superata dalla giurisprudenza più recente.
Con l’interpretazione fornita dalla Cassazione, chi subisce un danno per una buca, un dosso o un’irregolarità del manto stradale ha ora una via più chiara e accessibile per ottenere il risarcimento. Il Comune, in quanto custode della strada, sarà ritenuto responsabile in tutti i casi in cui l’anomalia abbia provocato direttamente il danno, a meno che non riesca a dimostrare che il fatto sia dovuto a un evento imprevedibile.