Con l’arrivo dell’estate, sulle spiagge italiane si ripresenta una pratica sempre più diffusa e discussa: lasciare ombrelloni, sedie e asciugamani sulla sabbia per “tenere il posto”. Un’abitudine che, oltre a essere scorretta nei confronti degli altri bagnanti, può configurarsi come una vera e propria occupazione abusiva di suolo pubblico, con conseguenze legali e sanzioni salate.
Spiagge libere e demanio pubblico: perché non si può occupare spazio
A differenza degli stabilimenti balneari in concessione, le spiagge libere rientrano nel demanio marittimo e appartengono a tutta la collettività. Piantare un ombrellone la sera prima o all’alba per riservare uno spazio costituisce un’occupazione non autorizzata, anche se temporanea.
Queste regole servono a garantire l’accesso equo alla spiaggia a tutti i cittadini e a impedire che qualcuno possa appropriarsi in modo esclusivo di aree pubbliche.
Cosa prevede la legge e le sanzioni possibili
Il Codice della Navigazione disciplina l’uso delle spiagge e prevede sanzioni per chi occupa abusivamente il demanio marittimo:
- Art. 1161: ammenda fino a 516 euro e, nei casi più gravi, arresto fino a 6 mesi;
- Art. 1164: sanzione amministrativa da 1.032 a 3.098 euro per inosservanza di norme e regolamenti.
Oltre alla multa, gli oggetti lasciati sulla spiaggia (ombrelloni, sdraio, sedie) possono essere rimossi e sequestrati dalle autorità competenti, come già avviene in molte località turistiche italiane durante la stagione estiva.
Stabilimenti balneari: regole diverse ma limiti da rispettare
Negli stabilimenti privati, l’utilizzo degli spazi è regolato dal gestore e riservato a chi paga per lettini e ombrelloni. In questi casi si può lasciare la postazione momentaneamente, ma non è consentito portare e piantare ombrelloni propri nelle aree in concessione, salvo autorizzazione specifica.
Abusivismo commerciale e acquisti illegali: le sanzioni per i bagnanti
Le spiagge non sono solo teatro di occupazioni abusive, ma anche di vendita di merce contraffatta. Chi acquista borse, occhiali o altri prodotti falsi rischia una sanzione amministrativa da 100 a 7.000 euro, come previsto dalla legge n. 99/2009.
In alcuni casi, si può configurare anche il reato di incauto acquisto (art. 712 c.p.), punito con l’arresto fino a 6 mesi, se l’acquirente non verifica la provenienza legittima del bene acquistato, soprattutto quando le circostanze dovrebbero far sospettare l’origine illegale.