Negli ultimi anni si è registrato un notevole incremento dei casi di disturbi del comportamento alimentare (DCA), patologie complesse che incidono in modo significativo sulla salute psicofisica, sull’autonomia personale e sulla vita sociale di chi ne è colpito. Tra le forme più comuni vi sono anoressia, bulimia, binge eating e ortoressia, ma esistono anche condizioni meno note che compromettono gravemente la qualità della vita.
In alcuni casi, queste patologie possono dare diritto al riconoscimento dell’invalidità civile e, nei casi più gravi, ai benefici previsti dalla Legge 104, destinati a chi presenta una disabilità che limita l’integrazione nella vita quotidiana.
Le linee guida dell’INPS includono alcune di queste patologie tra quelle riconosciute ai fini dell’invalidità civile. Le percentuali variano in base alla gravità della condizione:
Nel caso di soggetti non in età lavorativa (come minori o anziani), la valutazione si concentra sul livello di autonomia funzionale e personale.
La Legge 104/1992 si applica nei casi in cui la patologia comporti una ridotta capacità di relazione, di partecipazione alla vita sociale, familiare e lavorativa. Per accedere ai benefici previsti, il disturbo alimentare deve generare una menomazione fisica o psichica che limiti l’integrazione e l’autonomia.
È il caso, ad esempio, di persone con anoressia o bulimia grave che non riescono a mantenere relazioni sociali stabili, a lavorare o a svolgere attività quotidiane in autonomia. In questi casi, oltre al riconoscimento dell’invalidità, è possibile ottenere lo status di disabilità con le relative agevolazioni.