Le lunghe attese agli sportelli pubblici o nelle strutture sanitarie possono rappresentare un ostacolo concreto per le persone con disabilità, siano esse fisiche, psichiche o cognitive. Il diritto alla precedenza per chi si trova in queste condizioni è sancito dalla normativa italiana, che si è allineata nel tempo ai principi della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia con la legge 18/2009.
Il riconoscimento della priorità di accesso vale in tutti quei contesti in cui l’attesa può rappresentare una barriera ambientale o relazionale. Ad esempio, se un genitore deve prenotare visite specialistiche per un minore con disabilità (come logopedia, neuropsichiatria infantile o psicomotricità), ha diritto a chiedere di non attendere in fila, senza che ciò venga considerato un privilegio ingiustificato.
Il diritto trova fondamento nell’articolo 3 della legge 104/1992, che tutela le persone con disabilità grave, e nel Decreto legislativo 62/2024, che ha introdotto importanti aggiornamenti in tema di inclusione e accessibilità.
Con il D. Lgs. 62/2024, è stata definita una nuova visione della disabilità: non più vista come un limite individuale, ma come una condizione che emerge in presenza di barriere ambientali e culturali. Viene introdotto anche il principio di “accomodamento ragionevole”, ovvero l’obbligo per chi eroga servizi di adottare misure adeguate per garantire pari accesso, purché non comportino un onere sproporzionato.
Questo modello sociale sposta l’attenzione dalla persona alla società: non è la disabilità a generare esclusione, ma l’incapacità dell’ambiente di accogliere e adattarsi ai bisogni delle persone.
Nel caso in cui venga negata la precedenza, è possibile segnalare l’accaduto al Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, figura istituita con il compito di:
Il rifiuto di garantire l’accesso prioritario o di adottare accomodamenti ragionevoli può configurarsi come atto discriminatorio, con tutte le conseguenze giuridiche che ne derivano. La normativa riconosce al Garante la possibilità di intervenire in difesa della persona con disabilità, anche nei confronti di atti o provvedimenti generali ritenuti lesivi.