Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che comportamenti gravi nella vita privata, se incompatibili con il ruolo lavorativo, possono legittimare il licenziamento per giusta causa. Il principio si applica sia al settore pubblico sia, in casi analoghi, a quello privato.
Il caso: stalking e perdita del posto nel settore pubblico
La vicenda esaminata riguarda un dipendente della polizia municipale, licenziato dopo una condanna penale per stalking nei confronti dell’ex compagna. Sebbene la condotta non fosse legata all’attività lavorativa, la sua gravità ha portato all’interruzione del rapporto di lavoro. Secondo i giudici, atti persecutori e molestie sono incompatibili con i doveri e le responsabilità di chi opera in un ruolo di pubblica utilità.
Dalla condanna al licenziamento: il percorso giudiziario
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento, sostenendo che le azioni commesse in ambito privato non avessero influito sulle sue mansioni. In primo grado il ricorso era stato accolto, ma la Corte d’Appello ha ribaltato la decisione, sottolineando come il comportamento dell’uomo dimostrasse instabilità emotiva e inidoneità al ruolo di pubblico ufficiale.
Cosa ha deciso la Cassazione: comportamento extra-lavorativo rilevante
Con la sentenza n. 4797/2025, la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento dell’appello, ribadendo che la fiducia nel rapporto di lavoro può essere compromessa anche da fatti accaduti fuori dall’ambiente professionale. In particolare, per ruoli pubblici o con rilevanza sociale, l’integrità morale e la condotta del dipendente assumono un peso determinante.
L’impatto sulla fiducia e il principio di proporzionalità
Secondo i giudici, non è necessario un danno economico per giustificare il licenziamento. Basta una condotta che rompa il vincolo fiduciario. Il comportamento, se grave e contrario ai principi di correttezza e responsabilità, può bastare da solo per interrompere il rapporto lavorativo, anche in assenza di precedenti disciplinari.
Vita privata e posto di lavoro: quali sono i limiti?
La pronuncia della Cassazione rappresenta un precedente importante: comportamenti gravemente inadeguati nella vita privata possono essere considerati incompatibili con la posizione ricoperta, specie quando si tratta di ruoli legati alla sicurezza, alla fiducia pubblica o alla gestione di funzioni sensibili. Anche in contesti aziendali privati, simili condotte potrebbero giustificare un licenziamento, se idonee a pregiudicare l’immagine o la funzionalità dell’organizzazione.