Negli ultimi anni, molti pensionati italiani hanno valutato il trasferimento all’estero per beneficiare di un costo della vita più contenuto e di regimi fiscali più favorevoli. Dalla Spagna al Portogallo, passando per Tunisia e paesi dell’Est Europa, le mete fiscali più attrattive non mancano. Tuttavia, non tutti i pensionati possono realmente approfittarne allo stesso modo. A pagarne le conseguenze sono soprattutto gli ex dipendenti pubblici, soggetti a regole fiscali differenti rispetto a chi ha lavorato nel settore privato.
Pensioni all’estero: cosa prevede la normativa sulle doppie imposizioni
Alla base della tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti all’estero vi sono le convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione, stipulate dall’Italia con numerosi Paesi. Tali accordi hanno l’obiettivo di evitare che uno stesso reddito sia tassato due volte: una prima volta nello Stato che lo eroga (in questo caso l’Italia) e una seconda nel Paese di residenza fiscale del pensionato.
A seconda della tipologia di pensione e della fonte del reddito, la tassazione può spettare:
- solo all’Italia,
- solo allo Stato estero di residenza,
- oppure essere ripartita tra i due Stati.
Perché i pensionati del pubblico impiego sono penalizzati
Chi percepisce una pensione derivante da lavoro nel settore privato può, in molti casi, usufruire del regime fiscale dello Stato estero di residenza, beneficiando di aliquote più basse o di esenzioni previste per attrarre cittadini stranieri.
Diversa è la situazione per chi ha lavorato nel settore pubblico. La quasi totalità delle convenzioni internazionali prevede che le pensioni erogate per attività svolte nella pubblica amministrazione continuino a essere tassate esclusivamente in Italia, anche se il pensionato ha trasferito la propria residenza all’estero.
Questo significa che gli ex dipendenti pubblici rischiano una doppia imposizione fiscale, poiché lo Stato estero – non riconoscendo la tassazione esclusiva – potrebbe pretendere anch’esso il pagamento delle imposte, creando un aggravio economico rilevante.
Gli Stati che fanno eccezione
Non mancano tuttavia delle eccezioni. Alcune convenzioni bilaterali prevedono deroghe specifiche alla regola generale, a condizione che siano soddisfatti particolari requisiti. Tra questi, la cittadinanza esclusiva dello Stato estero di residenza può rappresentare un fattore determinante.
Attualmente, le eccezioni più rilevanti riguardano Tunisia, Cile, Australia e Senegal, dove le convenzioni in vigore stabiliscono che le pensioni pubbliche italiane non siano soggette a doppia imposizione, ma vengano tassate unicamente dallo Stato italiano, tutelando così i pensionati da oneri fiscali aggiuntivi.
Conclusioni
Per i pensionati del settore privato, la residenza fiscale all’estero può ancora rappresentare un’opportunità di risparmio fiscale. Per gli ex dipendenti pubblici, invece, il trasferimento richiede un’attenta valutazione delle normative internazionali in vigore, per evitare spiacevoli conseguenze. Conoscere i limiti previsti dalle convenzioni bilaterali è essenziale per prendere decisioni consapevoli e tutelare il proprio reddito pensionistico.