Il 2026 potrebbe portare una boccata d’ossigeno a lavoratori dipendenti e pensionati, messi a dura prova negli ultimi anni dall’aumento del costo della vita. Tra le misure allo studio del Governo, infatti, spicca un nuovo taglio dell’Irpef che promette incrementi fino a 640 euro annui sul reddito netto, grazie a una revisione delle aliquote fiscali.
Un intervento che punta a rafforzare il potere d’acquisto e a contrastare gli effetti dell’inflazione, ancora oggi non del tutto compensati dagli aumenti salariali e pensionistici.
Taglio Irpef 2026: cosa prevede la proposta del Governo
Secondo le prime anticipazioni legate alla legge di Bilancio 2026, il Ministero dell’Economia starebbe valutando una riduzione del secondo scaglione Irpef, con il passaggio dell’aliquota dal 35% al 33%.
Si tratta di una modifica mirata a colpire direttamente la principale imposta che grava su stipendi e pensioni, incidendo in modo immediato sulle somme nette percepite ogni mese.
L’Irpef, infatti, è un’imposta progressiva che colpisce soprattutto redditi medio-bassi e medio-alti, spesso con margini limitati di deduzione fiscale. Proprio per questo, un intervento sugli scaglioni produce effetti tangibili in busta paga e sull’assegno pensionistico.
Aumenti fino a 440 euro (e oltre): quanto si potrebbe risparmiare
Le prime simulazioni indicano che il taglio dell’aliquota potrebbe generare un risparmio fiscale fino a circa 440 euro annui per molti contribuenti.
Tuttavia, il Governo starebbe valutando un rafforzamento della misura, estendendo l’applicazione del beneficio anche ai redditi fino a 60.000 euro annui, con un incremento ulteriore del vantaggio economico di circa 200 euro.
In questo scenario, il beneficio complessivo potrebbe arrivare fino a 640 euro l’anno, una cifra non trascurabile in un contesto di inflazione persistente e rincari diffusi.
Benefici anche per i redditi più alti?
Una delle ipotesi più discusse riguarda l’estensione del vantaggio fiscale anche ai redditi medio-alti, potenzialmente fino a 200.000 euro lordi annui.
Oltre questa soglia, però, il beneficio potrebbe ridursi o essere compensato da altri interventi fiscali, come una rimodulazione delle detrazioni, pensata per mantenere un equilibrio complessivo nel sistema tributario.
Perché il taglio Irpef arriva proprio ora
La proposta non nasce dal nulla. Secondo le analisi del Ministero dell’Economia, il quadro macroeconomico mostra segnali di maggiore stabilità:
- possibile uscita dell’Italia dalla procedura europea per deficit eccessivo;
- spread sceso intorno ai 70 punti, con minori costi di finanziamento per lo Stato;
- riduzione della spesa per interessi sul debito pubblico.
Queste condizioni consentirebbero di liberare risorse da destinare sia al contenimento del fiscal drag – che negli ultimi anni ha eroso gli aumenti contrattuali – sia a nuovi interventi di riduzione fiscale e investimenti strategici in sanità, scuola, infrastrutture, famiglia e welfare.
Un primo passo verso una riforma fiscale più ampia
Il taglio Irpef previsto per il 2026 rappresenta un intervento significativo, ma non definitivo. Si inserisce, infatti, in un percorso più ampio di riforma del sistema fiscale, con l’obiettivo di rendere la tassazione più equa e meglio allineata all’andamento reale dei redditi.
Per pensionati e lavoratori, l’effetto concreto sarà una maggiore disponibilità economica, utile ad affrontare le spese quotidiane e a recuperare, almeno in parte, il potere d’acquisto perso negli ultimi anni.



