L’uso della geolocalizzazione durante il lavoro da remoto è stato giudicato illegittimo dal Garante per la Privacy, che ha sanzionato un’azienda con una multa di 50.000 euro per il tracciamento della posizione dei dipendenti in smart working.
L’azienda monitorava circa 100 lavoratori in modalità agile, chiedendo loro di attivare la localizzazione GPS di PC e smartphone, e di inviare via email la posizione in tempo reale. Tali controlli avvenivano senza un’adeguata informativa, né alcuna base giuridica idonea. Le verifiche erano poi seguite da procedimenti disciplinari, configurando un’invasione nella sfera privata dei dipendenti.
L’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), così come aggiornato dal Jobs Act (D. Lgs. 151/2015), stabilisce che:
Il Garante per la protezione dei dati personali ha ribadito (newsletter n. 534/2025) che:
“Nel lavoro agile non è consentito ridurre la libertà e la dignità del lavoratore attraverso strumenti tecnologici che comportano un controllo meccanico e continuo della sua attività.”
La geolocalizzazione sistematica, anche se limitata a controlli a campione, rappresenta una forma di sorveglianza non compatibile con la Costituzione e le normative italiane ed europee sulla privacy.
Con la nota n. 2572 del 14 aprile 2023, l’Ispettorato ha chiarito che:
Nel caso sanzionato, l’azienda aveva elaborato un sistema di tracciamento che prevedeva:
Tale condotta è stata ritenuta invasiva e non conforme alla normativa vigente, portando alla multa di 50.000 euro.