La recente scomparsa di Giorgio Armani ha acceso l’attenzione non solo sul suo lascito, ma anche sul modo in cui ha organizzato il proprio patrimonio. Il testamento di Armani è un esempio di come diritto successorio e diritto societario possano interagire per assicurare stabilità aziendale e continuità operativa.
Secondo gli articoli 536 e seguenti del Codice Civile, il testatore ha obblighi verso coniuge, figli o ascendenti, che hanno diritto alla “legittima”. Armani non aveva né figli né coniuge superstite: ciò gli consente di disporre liberamente dell’intero patrimonio tramite testamento, senza vincoli di legittima.
Armani aveva redatto testamento olografo e depositato un notaio depositario. Il contenuto specifico resta riservato, ma la strategia patrimoniale si integra con la Fondazione Giorgio Armani, costituita nel 2016 per finalità culturali, stilistiche e di supporto aziendale.
Una delle innovazioni è la creazione di sei categorie di azioni (A–F): tutte con diritti patrimoniali uguali, ma diritti amministrativi diversi, in particolare nei voti. Questo permette di separare il possesso economico dal controllo decisionale, mantenendo l’azienda ben amministrata anche dopo la morte del fondatore.
Gli eredi naturali (es. nipoti o sorella) godranno dei benefici patrimoniali, ma non necessariamente del grado di influenza nelle decisioni strategiche. Al contrario, manager di fiducia e collaboratori stretti possono avere maggiore voce in capitolo grazie al sistema delle categorie azionarie.
Il patrimonio Armani è stimato oltre 13 miliardi di euro. Le imposte di successione in Italia (secondo il Testo Unico 346/1990) variano:
Il testamento di Giorgio Armani non è solo una disposizione successoria: è una lezione di pianificazione patrimoniale e aziendale. Per chi ha una struttura imprenditoriale, è un modello di come governare il passaggio generazionale, mantenendo valori e stabilità.