I versamenti in contanti sul conto corrente possono attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate. Ogni operazione bancaria è infatti soggetta a monitoraggio, e in caso di importi elevati o frequenti, il rischio è che tali somme vengano considerate redditi non dichiarati, con conseguente avvio di accertamenti fiscali.
In base all’articolo 32 del DPR 600/1973, l’Agenzia delle Entrate ha accesso alle informazioni bancarie dei contribuenti e può verificare la coerenza tra movimenti finanziari e redditi dichiarati. Le banche, a loro volta, trasmettono annualmente dati su versamenti, prelievi e saldi.
In caso di discrepanze, il contribuente è tenuto a dimostrare la provenienza lecita delle somme, attraverso documentazione certa e tracciabile. In assenza di prove adeguate, le somme versate possono essere considerate come redditi imponibili.
Sebbene la causale del versamento non sia obbligatoria per legge, inserirla correttamente è fortemente consigliato. Serve infatti a:
Una causale chiara e specifica, con eventuali riferimenti temporali, può fare la differenza. Ad esempio:
Secondo l’ordinanza n. 16850/2024 della Cassazione, se il contribuente non giustifica i movimenti bancari, l’Agenzia può legittimamente presumere che si tratti di redditi imponibili. È il contribuente a dover fornire prova contraria, mediante documenti come:
Non tutti i versamenti devono essere dichiarati come reddito. Tra i casi più frequenti:
In tutti questi casi, è essenziale disporre di documentazione adeguata e datata, utile in caso di controlli.
Versare contanti sul conto corrente non è di per sé illecito, ma richiede attenzione. Inserire una causale chiara e conservare la documentazione relativa alla provenienza delle somme può evitare problemi con il Fisco e tutelare il contribuente da accertamenti e sanzioni.