Ogni mese lo stipendio arriva puntuale (o quasi), ma la sensazione diffusa tra milioni di famiglie italiane è sempre la stessa: i soldi finiscono prima. Una percezione che non è solo psicologica, ma trova conferma nei dati ufficiali sull’inflazione e sul costo della vita.
Negli ultimi anni il potere d’acquisto degli stipendi è progressivamente diminuito, erodendo la capacità reale di acquisto dei cittadini.
L’inflazione è l’aumento generalizzato e costante dei prezzi di beni e servizi. Anche quando le cifre sembrano contenute – ad esempio un +2% all’anno – il suo effetto nel tempo diventa pesantissimo.
Esempio:
Uno dei campi dove l’inflazione si sente di più è il supermercato. Negli ultimi tre anni, il prezzo di alcuni beni primari è cresciuto sensibilmente:
Anche le bollette hanno registrato picchi che hanno messo in difficoltà le famiglie, con rincari energetici che in certi periodi hanno superato il +40%.
Il problema non riguarda solo la spesa alimentare. Anche affitti e mutui sono aumentati, così come trasporti, carburanti, istruzione e sanità privata.
Lo stipendio rimane pressoché lo stesso, ma il costo della vita cresce costantemente. Il risultato? Una progressiva riduzione del tenore di vita.
Se oggi è già complicato arrivare a fine mese, il rischio è ancora più evidente pensando al futuro. La pensione, che sarà più bassa dello stipendio, dovrà affrontare un costo della vita ancora più alto.
Senza strategie di protezione, la forbice tra entrate e uscite rischia di diventare insostenibile.
Conoscere l’impatto dell’inflazione è fondamentale per non sottovalutare il problema. Capire che lo stipendio nominale rimane uguale ma il suo potere reale diminuisce permette di ragionare su come tutelarsi.
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