In Commissione Salute dell’ARS il Disegno di legge per interventi a favore dei bambini con disturbi di apprendimento

Entra nel vivo in Commissione Salute all’Ars l’esame del Disegno di legge (prima firmataria la presidente on. Margherita La Rocca Ruvolo) “Interventi a sostegno dei soggetti con disturbi  specifici di apprendimento”. Oggi si sono svolte le audizioni dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, della coordinatrice regionale dell’Associazione italiana dislessia Grazia Restuccia, del funzionario dell’Ufficio scolastico regionale Maurizio Gentile, della dirigente del Dipartimento istruzione e formazione professionale Giuseppa Picone. E’ stata fissata per la prossima settimana la scadenza dei termini per la presentazione degli emendamenti. “L’obiettivo del DDL – ha spiegato la presidente della commissione Salute dell’Ars Margherita La Rocca Ruvolo –  è quello di garantire ai dislessici, non assimilabili ai diversamente abili di cui alla legge n. 104/92, pari opportunità di apprendimento e di successo formativo, rendendo effettivo il loro diritto allo studio e non pregiudicando il loro futuro inserimento sociale e professionale. Il disegno di legge vuole colmare questa vacatio, fornendo uno strumento che detti precisi interventi sia sul piano sociale che scolastico, fornisca risorse chiare e specifiche per la scuola e le famiglie creando un apposito capitolo di bilancio: tutti segnali forti per dare così un sostegno reale a chi, giornalmente, si adopera per contrastare la dislessia”. La parlamentare fa notare che la norma in questione pone una particolare attenzione al ruolo svolto dalla Regione nell’individuazione e nella diagnosi degli alunni sospetti o a rischio di disturbi specifici dell’apprendimento, e a tal fine prevede interventi già assicurati dal Servizio sanitario nazionale da neuropsichiatri infantili o psicologi o pedagogisti con formazione specifica in valutazione neuropsicologica dei disturbi, dipendenti delle Aziende sanitarie regionali, nonché dagli specialisti sanitari neuropsichiatri infantili o psicologi pedagogisti privati con formazione specifica in valutazione neuropsicologica dei DSA, in conformità alla legge n. 170/10  in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico. È previsto, infatti, che la Regione adotti ogni misura necessaria per adeguare i propri servizi sanitari alle problematiche relative alle difficoltà specifiche di apprendimento, fornendo le strutture di neuropsichiatria infantile di appropriati strumenti riabilitativi e di personale qualificato e, in particolare, di neuropsichiatri infantili, psicologi con formazione specifica in valutazione neuropsicologica delle difficoltà di apprendimento, logopedisti, educatori professionali. “Altro compito della Regione – ha proseguito Margherita La Rocca Ruvolo – sarà quello di predisporre una campagna di screening e monitoraggio su tutto il territorio regionale. L’individuazione delle strutture sanitarie pubbliche e private specializzate accreditate, preposte ad effettuare la diagnosi dei disturbi specifici dell’apprendimento e le ulteriori iniziative volte ad assicurare l’identificazione precoce dei soggetti che ne sono affetti, dovrà avvenire applicando il piano socio sanitario regionale. Ma soprattutto il ddl pone l’attenzione alla formazione del personale sanitario e scolastico, è prevista infatti l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico sui disturbi specifici dell’apprendimento con scopo formativo del personale scolastico dirigente e docente, degli operatori della formazione e degli operatori sociosanitari, e funzione di promozione di screening, oltre che di documentazione, coordinamento e raccordo degli interventi”.

Chiude l’hotspot di Lampedusa, decisione del Viminale

Su decisione del Viminale e’ stata disposta la chiusura del primo centro di accoglienza di Lampedusa, i migranti verranno trasferiti in altri punti di accoglienza e sull’isola in caso di emergenza verra’ garantita l’ identificazione e il primo soccorso. La chiusura e’ stata decisa dopo un sopralluogo che ha evidenziato gravi carenze struttuali e per permettere l’avvio dei lavori di riqualificazione di alcune parti dell’hotspot che era stato danneggiato in una sua ala alcune settimane fa a causa di un incendio doloso.  

Corsa disperata per far attecchire la differenziata a Sciacca, entro il nove aprile ritiro dei cassonetti dal Centro e dalla Perriera

“La differenziata è essenziale sia dal punto di vista ambientale che dei costi della Tari”. Non ci sono possibilità di altre situazioni intermedie. Il concetto che esprime oggi alla vigilia della consegna dei kit per la differenziata nell’era del piano Aro, l’assessore comunale all’ambiente, Paolo Mandracchia è chiaro e semplice. Se non si dovesse raggiungere le percentuali di raccolta previste entro maggio del 65%, le conseguenze economiche per i cittadini e per il Comune di Sciacca sarebbero catastrofiche soprattutto per i costi in bolletta che provocherebbero un ulteriore aumento della Tari rispetto a quello del + 11% deciso già lo scorso fine anno per il 2018 per far quadrare i conti del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani. E c’è da fare la rivoluzione per raggiungere ben più del doppio del dato al quale si attesta il livello di percentuale a Sciacca. E poi c’è da capire come alla differenziata possono essere iniziati anche altri quartieri per comprendere l’intero territorio e non solo i due quartieri previsti dal piano con il porta a porta. Forse bisognerà rinunciare ad altri servizi compresi dal piano Aro per estendere il porta a porta ad altri quartieri come Foggia, San Marco e Renella senza ovviamente, rivedere i costi del piano. E’ questa l’ultima possibile prospettiva lanciata dall’assessore in quella che ormai appare un autentico countdown assai dispetrato.  

Esclusione progetto Nadore, il Comune ricorre al Tar. Polemica M5S e centrodestra

Ricorso al Tar contro l’esclusione, dalla graduatoria definitiva dei finanziamenti, del progetto per la manutenzione straordinaria della strada di località Nadore presentato nel febbraio 2017. Il sindaco Francesca Valenti e l’assessore alla Viabilità Rurale e all’Agricoltura Paolo Mandracchia comunicano che l’Amministrazione comunale farà propri i rilievi del dirigente e dei progettisti del Settore Lavori Pubblici del Comune di Sciacca contro le motivazioni della Regione Siciliana.

La notizia, ieri, dell’esclusione del progetto Nadore ha provocato una serie di reazioni e provocato un’accesa polemica politica con la presa di posizione del Movimento Cinque Stelle che ha commentato duramente la bocciatura del comune e criticato le attività dei suoi uffici. “Ci chiediamo – si interroga il Movimento –  come possa il comune farsi trovare impreparato davanti ad occasioni come questa. Come mai si arrivi in ritardo con gli adempimenti necessari richiesti da bando e ci si permetta, con tale “leggerezza”, di perdere chances come questa per permettere alla città di migliorarsi e progredire o quantomeno non seguitare in un degrado strutturale che, alla luce di risorse sempre più esigue per i comuni, può essere arginato solo con la loro abilità ad intercettare le risorse messe a disposizione dall’Europa. Che cosa non ha funzionato questa volta? Come giudica l’amministrazione una simile defaillance e come intende evitare che insuccessi del genere si ripetano in futuro?

Oggi la replica con una nota stampa del Comune di Sciacca che annuncia il ricorso alle vie giudiziali per riammettere il progetto saccense. Per il Settore Lavori Pubblici, infatti, sussistono le ragioni per l’ìnclusione del progetto tra le istanze ammissibili a finanziamento come già espresso in una nota che il sindaco ha inviato alla Regione nell’ottobre 2017.  Il progetto – si sostiene – è cantierabile in quanto non necessita di pareri “.

“È un’opera fondamentale – dicono il sindaco Valenti e l’assessore Mandracchia –. Faremo quanto è nelle nostre possibilità per far valere le nostre ragioni e recuperare un finanziamento importantissimo. Domani mattina, in ogni caso, verrà eseguito un sopralluogo per garantire l’accesso ai fondi e l’eliminazione degli stati di pericolo”. La posizione del Movimento Cinque Stelle che ha criticato non solo l’atteggiamento dell’attuale amministrazione, ma ha richiamato anche le responsabilità della precedente, ha immediatamente provocato la risposta dei gruppi di opposizione del centro-destra. “I consiglieri comunali del Movimento 5 stelle – scrive il centrodestra – avrebbero fatto meglio ad assumere le opportune informazioni, prima di rivolgere critiche gratuite all’amministrazione uscente. Il progetto per il finanziamento della strada rurale del Nadore e’ stato opportunamente concepito e redatto dall’ufficio tecnico, anche d’intesa con professionisti ed operatori del settore, su precisa iniziativa dell’amministrazione del tempo.E’ stato regolarmente presentato nei tempi, seppure nella fase conclusiva del mandato della giunta Di Paola per cogliere anche questa occasione unitamente a tante altre che sono andate in porto” “Ricevere poi critiche – concludono la nota l’opposizione – da chi amministra comuni del circondario con pura improvvisazione ci fa sorridere”.  

Sambuca, ammesso dalla Regione progetto da quattro milioni di euro per la realizzazione pista ciclabile

Finanziamento da oltre quattro milioni di euro in arrivo a Sambuca di Sicilia per la realizzazione di una nuova pista ciclabile. Il progetto è stato ammesso a finanziamento con decreto dell’assessorato Territorio e Ambiente, n. 35/2018 azione 6.6.1 del PO-FERS 2014/2020 asse 6. Un’opera che punta alla valorizzazione dei percorsi paesaggistici nel territorio sambucese che prevede anche il recupero e la riqualificazione della vecchia galleria che collega la contrada Canalicchio con la vecchia stazione.

Arrestati “i finanziatori” di Matteo Messina Denaro, dodici gregari del latitante in manette

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Dodici ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite da oltre 100 uomini tra Carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia,emesse dal gip di Palermo su richiesta della Dda. Gli arrestati sono ritenuti gregari ed estorsori delle cosche e sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose. Le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, hanno consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire gregari ed estorsori delle cosche. L’operazione nasce da un’inchiesta avviata nel 2014 su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenuti favoreggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro. Gli arrestati, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione. Parte del denaro,sarebbe stata destinata al mantenimento del boss latitante Matteo Messina Denaro ricercato dal 1993. In particolare, i due clan avrebbero realizzato ingenti guadagni investendo nel settore delle agricolture innovative e della ristorazione. In carcere è finito anche Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, tra i primi in Sicilia a puntare sulle energie pulite. Il nome di Nicastri, non è nuovo per i carabinieri e il personale della Dia che hanno condotto l’ultima inchiesta sui presunti favoreggiatori del padrino di Castelvetrano: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Nicastri era già stato oggetto delle dichiarazioni del  pentito Lorenzo Cimarosa. I Carabinieri, nel corso dell’operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, fittiziamente intestati a terzi ma ritenuti strumento per il business dell’organizzazione criminale.

I Cinque Stelle riempiono il Centro Civico di Menfi e scaldano i motori per le amministrative

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Una serata per festeggiare la vittoria alle Politiche con il 64 per cento ottenuto in un comune nel quale il movimento ha solo un consigliere comunale. I Cinquestelle si sono riuniti ieri sera a Menfi e già scaldano i motori in vista delle prossime elezioni amministrative. Con i parlamentare nazionali e regionali i grillini di Menfi hanno fatto il punto della situazione e, naturalmente, si è discusso anche delle prossime elezioni amministrative. A giugno si voterà anche a Menfi ed i grillini dovrebbero presentarsi con una propria lista e un candidato a sindaco. La scelta potrebbe comprendere anche una figura espressione della società civile e non soltanto qualcuno tra gli attivisti del movimento. A Menfi si parla di almeno quattro candidati a sindaco. I nomi si rincorrono ormai da mesi. L’uscente Vincenzo Lotà, che non si è ancora pronunciato, potrebbe essere della partita. Si parla anche del presidente del consiglio comunale, Vito Clemente, del consigliere Ludovico Viviani e di Saverio Ardizzone, che ha già tentato l’elezione a sindaco. La partita è aperta e con il Movimento Cinque Stelle in campo, reduce da un 64 per cento alle Politiche.

Ragazza scivola con lo scooter in via Fratelli Argento, sull’asfalto scia di liquido riversato da un mezzo

Si è verificato nelle prime ore di questa mattina, poco prima delle otto, un piccolo sinistro stradale nella via Fratelli Argento. Una ragazzina in scooter è scivolata mentre stava percorrendo la strada per recarsi a scuola. La ragazza ha perso il controllo del mezzo finendo a terra. Per fortuna, indossava il casco ed è rimasta illesa. Ma ben visibile sull’asfalto, anche dalle immagini che vi proponiamo, l’alone lasciato da qualche mezzo che poco prima era transitato nella stessa strada riversando sulla carreggiata del liquido di risulta che ha reso scivoloso l’asfalto e che con molta probabilità ha provocato la caduta della giovane centaura. Non è la prima volta, che nella stessa zona si verificano sinistri di questo tipo causati da ciò che alcuni mezzi riversano sulla strada. In passato, la cattiva e pericolosa abitudine di alcuni mezzi utilizzati per il trasporto del pesce di riversare in strada il liquido di risulta è stata al centro di segnalazioni e anche di sanzioni da parte del Circomare di Sciacca.

Vertici Rfi convocati all’Ars dopo servizio delle “Iene” sulla tratta Palermo-Agrigento

Il servizio andato in onda durante la trasmissione “Le Iene” sui problemi di sicurezza sulla tratta ferroviaria Palermo-Agrigento, ha portato alla convocazione da parte della Commissione Territorio e Ambiente all’Ars presieduta da Giusy Savarino dei vertici di Rfi. Nel servizio si evidenzia come nonostante siano stati spesi ben 167 milioni di euro per ammodernare la tratta di circa 140 chilometri che separano Agrigento dal capoluogo, la tratta oltre che lenta resta poco sicura. Addirittura ogni volta che piove, la galleria Lercara si allaga e non e’ percorribile. La Commissione parlamentare all’Ars, ora ascoltera’ i dirigenti di Rete ferrovie italiane per capire come sono stati spesi gli investimenti previsti nella tratta che resta uno dei tratti piu’ lenti d’Italia. Servono ben due ore per percorrere i 140 chilometri, la rete veloce nello stesso tempo permette di percorrere i 540 chilometri tra Roma e Milano

I pentastellati sono i nuovi democristiani? E Lillo Mannino disse: “No, l’ultimo sono io…”

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Interessante analisi politica quella dell’ex ministro Calogero Mannino che ha rilasciato un’intervista al sito “Formiche.net” commentando l’esito del voto e il quadro politico delineatosi dal risultato delle urne dello scorso quattro marzo. Con grande lucidità il pluri parlamentare  e più volte componente di Governo tra gli anni ’80 e ’90 traccia le ipotesi possibili vista la situazione di stallo dettata dalla mancata maggioranza assoluta da parte di una forza politica. Intervista che vi proponiamo in integrale qui di seguito. “Non vedo una legislatura con una lunga prospettiva. Non la vedo proprio”. E ancora, sugli obiettivi di fondo dei due partiti che hanno vinto le politiche di domenica scorsa: “Sia la Lega che il Movimento 5 Stelle, al di là delle tattiche, hanno lo stesso intento: tornare prestissimo alle urne. Entrambi sono convinti di poter ottenere, pure con l’attuale sistema elettorale, i voti necessari a governare da soli”. Calogero Mannino – per gli amici Lillo – di post elezioni, stalli parlamentari e rimescolamenti del sistema partitico ne ha vissuti numerosi nel corso della sua carriera da dirigente apicale della Democrazia Cristiana prima e dell’Udc dopo: eletto sette volte in Parlamento – sei alla Camera e una al Senato -, ha ricoperto il ruolo di ministro in cinque diversi governi tra gli anni ’80 e ’90. Un profondo conoscitore della politica e dell’Italia che, in questa conversazione con Formiche.net, ha subito voluto mettere le carte in chiaro: “In un quadro così complesso ogni giudizio potrebbe rivelarsi azzardato. Però, ciò detto, un accordo non mi pare affatto vicino. E anche laddove si trovasse, molto difficilmente potrebbe essere di lungo periodo. Lo scenario più probabile è che nell’arco di un anno, un anno e mezzo, si torni al voto. Magari in contemporanea con le europee della primavera 2019″. Nel frattempo, certo, – ha argomentato Mannino – i partiti sarebbero chiamati ad arrivare a una soluzione di compromesso in modo da dare all’Italia un governo, seppur transitorio, in grado di effettuare i passi necessari dal punto di vista economico e dalla politica estera. Ma è ancora presto: “Questa crisi politica ha ancora molte tossine da smaltire”. D’altronde le elezioni hanno consegnato agli italiani una geografia politica radicalmente trasformata nella quale oggi a prevalere sono due partiti tra loro diversi ma accomunati dallo stesso aspetto di fondo: “I due vincitori – Luigi Di Maio e Matteo Salvini – hanno in comune il netto dissenso nei confronti dell’assetto che ha resistito fino alla passata legislatura. La loro affermazione significa soprattutto che ha prevalso la richiesta di un nuovo sistema politico e di nuove forze politiche”. Un risultato che ha messo a durissima prova il Partito Democratico e Forza Italia, ormai – ad avviso di Mannino – “privi di un reale potere di iniziativa. L’ipotesi del Renzusconi – su cui hanno sempre lavorato – non esiste più”. Ad entrambi non resta che aspettare, con la consapevolezza di aver subito un’Opa ostile le cui conseguenze potrebbero essere profondissime: “Silvio Berlusconi mastica amaro per il sorpasso della Lega ma è un boccone che dovrà deglutire. Il centrodestra ormai si riconosce molto di più nella linea di Salvini. Il Pd, invece, si trova a fronteggiare un partito – i cinquestelle – che è veramente atipico. Non si può sostenere che sia di sinistra. Più che altro direi che rappresenta l’alternativa all’attuale sinistra”. Dunque – stando alla versione dell’ex ministro Dc – Di Maio e Salvini sarebbero accomunati dallo stesso obiettivo pur tenendo in questa fase di studo un atteggiamento differente: “Salvini è molto più prudente: non sta insistendo per fare il governo. O, meglio, afferma di voler dar vita a un esecutivo di centrodestra pur sapendo che mancano i numeri in tal senso. E in questo modo prova a tenere buono Berlusconi”. E, nel frattempo, ha aperto anche al Pd ma – secondo Mannino – senza alcuna reale volontà di trovare un accordo: “Per Salvini sarebbe un abbraccio mortale. Non farebbe mai questo passo. Solo un’apertura tattica, sicuro che il Pd non possa accettare”. Molto più diretto è apparso invece Di Maio che con forza ha rivendicato per sé l’incarico: “La sua è una richiesta eccessiva perché esclude ogni possibile manovra parlamentare. Ed è rivolta al Quirinale al quale ha inviato un messaggio fin troppo chiaro”. Ma Di Maio e Salvini – almeno da un certo punto di vista – non potrebbero voler differire il ritorno alle urne per consolidare il loro risultato? In altre parole, è così sicuro che votare di nuovo a stretto giro gli convenga? Non rischierebbero di perdere parte dei consensi ottenuti? A queste domande Mannino ha risposto in modo lapidario: “Alle ultime elezioni si sono spostate masse elettorali che non regrediranno in poche battute. Anzi, nel breve periodo è molto più facile che progrediscano. Questa è la realtà”. L’esempio, a tal proposito, è quello del Pd: “C’è stata una ribellione dei suoi elettori che non rientrerà facilmente. Gli operai del Nord ormai condividono molto di più quanto afferma Salvini. E lo stesso vale per i disoccupati del Sud di cui il Pd si è dimenticato e che ormai guardano al Movimento 5 Stelle”. In un contesto del genere c’è chi sostiene che il Pd dovrebbe allearsi con i pentastellati per cercare di salvare il salvabile e in qualche modo provare a contaminarli. Ma Mannino è di un’opinione diametralmente opposta: “Se si allea con i cinquestelle sparisce. In teoria il Pd potrebbe sembrare l’arbitro della partito ma così non è. Formalmente potrebbe fare la maggioranza con il centrodestra ma di fatto non può perché i suoi elettori non lo potrebbero accettare. E potrebbe anche fare il governo con i cinquestelle ma il giorno dopo ne verrebbe assorbito”. Una posizione – quella dei dem – che a Mannino ricorda molto quella vissuta in passato dal Psi: “Dopo che alle elezioni del 1948 divenne di minoranza rispetto al Pci, cercò per 25 anni di guadagnare la sua autonomia per diventare il centro del sistema politico tra comunisti e democristiani. Ma l’epilogo di quel processo è stato Bettino Craxi e poi la fine del partito socialista. Sono finiti stritolati. Il Pd con queste elezioni ha preso il posto del Psi”. A proposito di Craxi, c’è pure chi ha evocato in questa fase il suo primo governo del 1983 quando – a seguito delle elezioni in cui la Dc prese oltre il 32% dei voti – si formò un esecutivo guidato appunto dal leader socialista ma con 15 ministri e oltre 30 sottosegretari democristiani. Tradotto oggi, un governo tra centrosinistra e cinquestelle formato soprattutto da pentastellati ma guidato da una personalità proveniente dal mondo della sinistra e non invisa al Movimento. “È presto per dirlo: questa crisi politica si compone ancora di numerosi passaggi”, ha risposto Mannino. Che poi però ha aggiunto: “In questo senso l’unico nome possibile sarebbe paradossalmente quello di Paolo Gentiloni perché ha un temperamento che garantisce”. E se Pd e Forza Italia sostenessero entrambi un governo a cinquestelle? “Questa potrebbe essere l’ipotesi alla quale si arriva ma sempre con una prospettiva transitoria e dopo un lungo percorso. È una scelta per cui i cinquestelle potrebbero optare solo dopo che si sia dimostrato che non può esistere una maggioranza senza di loro, che il movimento è l’asse del Parlamento e che – se si forma il governo – serve soltanto ad approvare la nuova legge elettorale o, comunque, a tornare a elezioni in tempi brevi, anche con l’attuale sistema di voto”. Di sicuro – pare di capire – non è immaginabile, data la composizione del Parlamento, una maggioranza tra cinquestelle e centrodestra. Almeno ad avviso di Mannino: “Non succederà perché entrambi hanno le stesse ragioni di contrasto con il sistema politico. In latino si direbbe ‘similia similibus opponuntur’. Sono troppo simili per stare insieme. Il centrodestra ormai ormai si chiama Lega, lasci stare che Berlusconi ha fatto quasi il 15. Se fosse costretta a una scelta definitiva, la metà dei suoi parlamentari passerebbe con Salvini”. La stessa ragione, in fin dei conti, per cui i due partiti non sarebbero affatto contrari a tornare alle urne rapidamente. Anzi: “È una crisi didattica: ci sono due forze politiche che sono allo stato nascenti. Sì la Lega è da 25 anni che esiste ma un altro partito, assolutamente diverso da quello forgiato da Umberto Bossi“. Un processo che, in prospettiva, potrebbe portare a una nuova forma di bipolarismo, appunto tra i cinquestelle e la Lega: “Il paradosso è che siamo tornati al proporzionale ma, con quel pasticcio del Rosatellum, abbiamo di nuovo introdotto quanto basta per far tendere comunque il quadro verso il bipolarismo”. Errore che Pd e Forza Italia hanno già pagato caramente: “Berlusconi se l’è fatta fare sotto il naso mentre Matteo Renzi l’ha addirittura voluta quella legge elettorale. Incredibile, ha previsto una correzione maggioritaria pur non avendo il suo partito, di fatto, alleati”. Sarebbe stato più opportuno, almeno nella loro ottica, un proporzionale puro stile Prima Repubblica? “In quel caso, probabilmente, ci sarebbe stata una maggiore gravitazione intorno al centro. Mentre oggi – in virtù del correttivo maggioritario del Rosatellum – la gravitazione è sulle ali, sulle fasce come si direbbe in gergo calcistico. Questa legge elettorale ha polarizzato il quadro politico: c’è un tripolarismo che potrebbe portare a un bipolarismo tendenziale”. Né, a questo punto, sembra che ci siano troppi spazi per cambiare la legge elettorale, certamente non nel senso di una maggiore proporzionalizzazione: “Non mi pare ci siano molti margini perché la legge elettorale possa essere riformata di nuovo”. Ma un democristiano doc come Mannino cosa ne pensa della teoria che accomuna in qualche modo i pentastellati alla vecchia Balena Bianca? “Democristiani non ce ne possono essere più, gli unici veri rimasti sono quelli che hanno partecipato alla stagione di Aldo Moro. Per esserlo davvero bisogna aver partecipato a quel percorso formativo convergente che si chiamava Azione Cattolica. Da cui venivano, oltre a Moro, Giulio Andreotti, Emilio Colombo, Mariano Rumor e tantissimi altri. Fino agli ultimi giovani tra i quali mi annovero io”. Eppure il Movimento 5 Stelle è in grado di pescare voti sia a destra che a sinistra. Come appunto la Dc: “Ma ciò accade perché sono cadute le delimitazioni politiche e storiche del passato. Destra e sinistra non ci sono più. Gli operai non si riconoscono più nel partito della sinistra in cachemire. E Salvini ha successo non solo e non tanto perché dice cose di destra ma perché incarna una tendenza antisistema. È questa la componente fondamentale della Lega così come dei cinquestelle”. Intanto però oggi Di Maio, in un post pubblicato sul blog del movimento, ha fatto esplicito riferimento ad Alcide De Gasperi e alla dottrina sociale della Chiesa. Qualcosa vorrà pur dire: “Non mi sorprende affatto. Di fronte allo smarrimento di questa stagione non si può non andare a quella esperienza nella quale le identità riuscivano a confrontarsi. De Gasperi seppe fare il governo con Palmiro Toglatti. E’ naturale che si richiami a quegli anni per trovare una soluzione. In fondo siamo tutti democristiani perché nessuno è più democristiano. Guardi il Pd: cita sempre Antonio Gramsci ma poi nella difficoltà è alle esperienze di De Gasperi e Moro che guarda”. E del politico Di Maio Mannino cosa ne pensa? “Non voglio parlarne né bene né male. Prendo atto che ha vinto perché ha saputo interpretare i sentimenti, le opinioni e le convinzioni degli elettori. Li ha messi insieme. Ha sintetizzato ciò che aveva fatto il fondatore”. Rispetto al quale appare anche molto più rassicurante, tanto da aver richiamato sul movimento pure il voto di una parte di quella borghesia medio-alta che nel 2013 scelse di posizionarsi altrove: “Ma io faccio fatica a parlarne senza citare Alessandro Di Battista. Di Maio è più rassicurante anche in virtù del rapporto dialettico creato con lui. Di Battista è l’uomo che batte, che picchia e Di Maio è l’uomo che fila, che cuce. Hanno fatto un gioco in tandem davvero brillante”. Nel frattempo, domani, il Pd inizierà a capire il suo futuro almeno a breve termine con le dimissione annunciate di Renzi: “Gli do un consiglio: si dimostri saggio. Si ricordi di quando Amintore Fanfani, nel febbraio 1959, alla Domus Mariae perdette tutto: la presidenza del consiglio, il ministero degli Esteri, la segreteria del partito. Al governo andò Antonio Segni mentre Moro, da segretario Dc, lavorò al recupero di Fanfani che infatti tornò. Renzi non è più il rottamatore, sia paziente e saggio e da leader politico, ma per ora in disparte, continui a lavorare per preservare il Pd. Un’operazione difficilissima”. Per la scelta del suo successore, invece, su chi dovrebbe puntare il partito? “Nonostante il disastro, il Pd ha vinto le elezioni regionali con un candidato che viene dalla storia del Pci ma che, per così dire, non è un comunista di lunga ascendenza. Un post-berlingueriano. Se io fossi in quel partito, giocherei quella carta”. La carta di Nicola Zingaretti.