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Castelvetrano, contatti tra mafia e gli ex candidati a sindaco. Rosy Bindi contro Abate e Pompeo.

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Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, nella seduta dell’8 giugno scorso, ha parlato del “caso Castelvetrano”. Non si tratta delle motivazioni che hanno portato allo scioglimento del consiglio comunale a pochi giorni dalle elezioni, ma di dichiarazioni rese per approfondimenti dedicati alle consultazioni amministrative.

“Abbiamo acceso – ha detto la Bindi – un focus su Castelvetrano da due anni grazie anche al comportamento di alcuni consiglieri tra cui Pasquale Calamia ed esprimiamo soddisfazione per la decisione presa relativa allo scioglimento del Comune. Ricordo anche che il Sindaco aveva avuto parole di rimprovero verso chi aveva segnalato la presenza mafiosa nella comunità di Castelvetrano e, invece, non erano invece stati richiamati all’ordine coloro i quali esprimevano una sorta di solidarietà nei confronti di Messina Denaro”.

La presidente ha, inoltre sottolineato come, grazie anche alla sollecitazione al Ministro fatta dalla commissione antimafia, Castelvetrano non sia andata al voto.

Ed è proprio a proposito dei candidati sindaco per le amministrative che la Bindi fa delle dichiarazioni più interessanti, ad esempio, a proposito di Maurizio Abate: “Vanno ricordate – ha detto Abate – alcune sue eloquenti dichiarazioni riportate alla stampa con cui, in sostanza, negando l’esistenza della mafia, inveiva contro Giuseppe Cimarosa, figlio del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, a sua volta cugino di Matteo Messina Denaro,  la cui tomba è stata vilipesa proprio lo scorso maggio, invitandolo a prendere le distanze dal padre mentre, di converso elogiava la criminalità organizzata della quale condivideva le ragioni della devianza”.

Poi la Bindi a proposito di Abate ha ricordato che lo scorso marzo:  “…E’ stato condannato in primo grado per violenza privata ed è a processo anche per furto aggravato. Oltre ad avere nella sua unica lista un nome ben noto a Castelvetrano. Trattasi infatti di un soggetto già condannato due volte, nel duemila e nel duemilaquattro, per minaccia, nonché fratello di uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro, scarcerato da poco, dopo quasi un ventennio di reclusione per fatti di mafia e per traffico di stupefacenti”.

Ma le dichiarazioni della Bindi in Commissione non hanno riguardato soltato il candidato Abate, ma anche Gianni Pompeo: “Nel corso di una pregressa indagine, cosiddetta Golem 2, che portò all’arresto di diversi fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro, si era registrata una conversazione in cui un associato mafioso lasciava intendere l’esistenza di passati rapporti con il predetto candidato e i vertici mafiosi di Castelvetrano”.

La registrazione alla quale fa riferimento Rosy Bindi riguarda un’intercettazione del 2008 dove uno dei fiancheggiatori del boss in macchina con la moglie riportava di presunti precedenti rapporti e contatti tra Pompeo e il fratello del più noto latitante Matteo Messina Denaro.

 

 

 

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