Operazione “Mercato del sesso” a Castelvetrano, i residenti ringraziano le forze dell’ordine
Allerta meteo in provincia di Agrigento con codice arancione
Multe per Girgenti Acque, scarico dei reflui non a norma a Ribera e Realmonte
Quattro furti in due mesi, i carabinieri denunciano un ragazzino di 14 anni
Si sarebbe reso autore di quattro furti in soli due mesi, ma alla fine è stato individuato dai carabinieri della stazione di Raffadali e denunciato all’Autorità Giudiziaria. È questo il significativo bilancio dell’indagine portata a termine dai militari dell’Arma che ha visto protagonista un 14enne raffadalese, il quale, nelle ultime ore, è stato collocato dai carabinieri presso una Comunità per minori. Il 14 enne, nonostante la sua giovanissima età, era già da qualche tempo sotto osservazione dei carabinieri, i quali, attraverso meticolose indagini e mediante la visione di un ingente quantitativo di filmati di video sorveglianza dell’intero paese, sono riusciti a dimostrare le responsabilità del presunto “baby” ladro seriale, facendo luce su quattro episodi di furto avvenuti nel giro di due mesi: il primo ad inizio agosto, ai danni di un negozio di telefonia di Raffadali, dove sono stati asportati vari telefoni cellulari per un valore di circa 5000 euro. A seguire, un furto in abitazione dove sono stati arraffati denaro contante (circa un centinaio di euro), gioielli (collane e un bracciale in oro) ed un telefono cellulare. Successivamente, un altro furto in abitazione, sempre a Raffadali, in cui sono stati sottratti 7 pregiati cardellini del Venezuela (del valore stimato di circa mille euro) ed infine, un furto ai danni di un bar del centro, in cui sono stati rubati i soldi (circa 50 euro) contenuti nella cassa.
I carabinieri di Raffadali, al termine dell’attività investigativa, nel corso di una perquisizione domiciliare, sono riusciti anche a recuperare gran parte della refurtiva ed a restituirla ai legittimi proprietari. A causa di questa escalation di furti commessi, il Gip del Tribunale per i Minorenni di Palermo ha disposto nei confronti del giovane la misura cautelare del collocamento presso un’apposita comunità.
Le demolizione di palazzo Lombardo, a Santa Margherita Belice, con il braccio meccanico da 30 metri
Bonifica dall’amianto, il Comune di Ribera stanzia 10 mila euro
Il Comune di Ribera ha stanziato 10 mila euro per la rimozione e lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto abbandonati nel territorio comunale. Il servizio Ecologia ha segnalato alla giunta la necessità di provvedere alla raccolta e smaltimento nelle aree comunali, evidenziando che il mancato intervento “può costituire danno grave per la salute pubblica”. La giunta ha deliberato dopo avere ottenuto il parere di regolarità tecnica. Il Comune di Ribera nelle scorse settimane ha disposto la bonifica di qualche area dai rifiuti che erano stati abbandonati, procedendo in seguito alla collocazione di telecamere di sorveglianza nelle zone interessate.
La Valenti come “Il Blasco”, all’indomani del consiglio di fuoco:”Eh già…ma sono ancora qua”
“Meno metropoli e più paese”, di Michele Benfari
Abbiamo ricevuto e pubblichiamo volentieri un articolo di Michele Benfari.
“Ho fatto tanti mestieri. Quasi tutti mi hanno lasciato dentro una passione. Quella che non vive più nei meati e nei grovigli sanguigni di molti giovani “contemporanei”. Sembriamo davvero destinati, come riporta su La Repubblica Palermo di qualche anno fa Tano Gullo che intervista Manlio Sgalambro, “ad affondare perennemente perché non c’è nessun punto di arrivo, come l’isola di Ferdinandea”? Sembra “Un elemento di destino…”, dice ancora. In effetti Sgalambro con la saggezza e l’acume che lo contraddistinguevano, negava una “patria” ai siciliani. Lui stesso, pur amandola perdutamente, non vi appartiene più. Come non dargli ragione se ogni giorno assistiamo inermi alle incursioni dei nuovi barbari che oltraggiano città, paesi, coste, montagne, dolci panorami. In Sicilia mia il senese Cesare Brandi, facendo il periplo di Levanzo in barca negli anni ‘70, viene avvertito dai pescatori che “tra poco sarà realizzata una strada per recarsi dal piccolo borgo ad una grotta…” Qui bisogna far voti perché questa stupidissima strada non venga mai fatta, scrive Brandi, “dove la via del mare è cosi bella e suadente, dove il sentiero di terra, seppur faticoso, non è poi da fare in cordata”. E’ questa la via da seguire? Niente progresso quindi? Poniamoci una domanda. Ma oggi a cosa somigliano le nostre città? Forse a Pentesilea, la città dal nome di donna che esplode al di là dei confini della propria cinta muraria e, onnivora, onnipervasiva, invade tutto quello che incontra davanti a sé. Nel finale de Le città invisibili, Italo Calvino ne descriveva i sobborghi “sparpagliati, ovunque come un pigmento lattiginoso”, i confini slabbrati: la città è periferia di se stessa, il suo centro è in ogni luogo. Ricorda moltissimo gli incubi di certi filosofi: come la Cosmopoli di Oswald Spengler, “colosso mondiale disgiunto dalle potenze della natura” e isolato dal suolo da una pavimentazione d’asfalto; o l’immenso “paesaggio da cantiere” in cui Ernest Junger riconosceva l’impronta del passaggio dell’Operaio sulla Terra. Ma non si tratta del parto della fantasia visionaria di uno scrittore, né dell’affresco preveggente del più insonne dei critici della modernità. Parliamo invece di un paesaggio fin troppo familiare, quello della metropoli contemporanea, che si presenta nei suoi tratti – tanto più inquietanti, quanto più reali – nella ricognizione disincantata di un uomo di scienza: uno studioso del territorio. E tuttavia la città tardomoderna, cosi come la descrive Alberto Magnaghi nel Il progetto locale, conserva tutte le caratteristiche di quelle profetiche prefigurazioni: la perdita del centro, l’espansione indifferenziata di un’immensa periferia, l’uniformità (spesso coincidente col brutto!), l’astrattezza di un ambiente ormai del tutto sganciato dal paesaggio naturale.
Non più “invisibile”, la Pentesilea di Calvino è l’odierna città diffusa, scoppiata, la ville éclatée di cui è sempre più arduo definire i confini e che si allarga fino ad avvolgere a rete il globo terracqueo. Identica e ubiqua, essa si riproduce a ogni latitudine secondo lo stesso clone. Il prezzo più alto di questa evoluzione è l’inesorabile cancellazione del territorio, sepolto dalle “protesi tecnologiche”, ignorato nelle sue bellezze peculiari, appiattito nella sua profondità spaziale: dalle viscere della terra al cielo. L’effetto più eclatante è il degrado ambientale, che non è solo rottura dell’equilibrio biologico, bensì anche malessere estetico e sociale: il brutto dialoga col bello peggiorando le condizioni di vita dei cittadini che, ob torto collo, sono divenuti abitanti di “non luoghi” (le città di plastica, le città di cemento, le piazze telematiche, i giardini finti…) e ai quali è stata sottratta la terra sotto i piedi. A che pro le denunce, i dibattiti, le tavole rotonde se le risposte coincidono con una sequela innumerevole di azioni correttive quali divieti, vincoli, tasse, oppure impiego di termovalorizzatori, marmitte catalitiche, depuratori, benzine pulite, motori euro 6, che intervengono solo a contenere lo sviluppo che è di per sé la causa del degrado?
Alla luce di queste considerazioni, il senso dell’analisi di Magnaghi non è quello di dipingere scenari catastrofici, né tanto meno di esprimere “un pensiero antiurbano, antimoderno, ruralista”. La sua disamina conduce piuttosto a un’ipotesi costruttiva, propositiva. A un progetto tutto impostato sul concetto di “locale”, oggi vero terreno di scontro e oggetto di attenzione da parte di globalisti, secessionisti, nazionalisti, federalisti. Il “locale”, spiega Magnaghi, non è il piccolo per il gusto del piccolo: è piuttosto quella dimensione, indipendente dalle proporzioni geografiche, in cui torna ad essere valorizzata la qualità peculiare dei luoghi, in cui viene ripristinata la cura di un territorio che presenta caratteristiche, fisionomie e risorse culturali. Appunto, l’attenzione a questa particolarità rappresenta il passaggio fondamentale per instaurare una feconda cultura delle differenze, un “multiverso di stili”, e per dare luogo ad un nuovo radicamento. Ma in primo luogo, occorre formare i soggetti della politica locale: occorre che esistano gli abitanti, attualmente espropriati da ogni decisione sul proprio territorio. L’autoriconoscimento, la capacità di ripensarsi attraverso una riconquistata sapienza ambientale è condizione irrinunciabile di un avveduto autogoverno delle società locali. Tutto ciò si farà solo se avremo il coraggio di riappropriarci della passione per la bellezza e della nostra vita, come di una verità che ha nuova luce”.
Michele Benfari
Enzo Iacono confermato segretario della Funzione pubblica Cgil di Agrigento
Enzo Iacono è stato confermato segretario generale della Funzione Pubblica Cgil di Agrigento. Il rinnovo della fiducia è arrivato al termine del congresso provinciale che è stato celebrato a Casa Sanfilippo, sede del Parco Archeologico Valle dei Templi. La sua relazione ha percorso la proficua attività fini qui svolta dalla struttura a favore dalla categoria. Iacono ha poi tracciato le linee guida del programma per il prossimo quadriennio, offrendo disponibilità e impegno nell’azione sindacale da portare avanti a tutela dei diritti dei lavoratori e a garanzia della qualità dei servizi pubblici erogati alle comunità. Ai lavori, moderati da Alfonso Buscemi, segretario regionale Fp Cgil Sicilia, ha preso parte il Prefetto di Agrigento, Dario Caputo, il quale ha assicurato: “Io sono un lavoratore come voi, al servizio delle Istituzioni dello Stato. Non farò mai mancare sostegno, apporto e partecipazione a beneficio del territorio. Troverete in me sempre grande disponibilità e proficua collaborazione nell’affrontare la quotidianità, ma anche le emergenze sociali”. Per il massimo rappresentante provinciale del governo si è levato un coro di applausi e apprezzamenti. Nel corso della mattinata si sono susseguiti una serie di interventi programmati, come quelli di Gaetano Agliozzo, segretario generale della Fp Cgil Sicilia, e di Massimo Raso, segretario generale della Cgil di Agrigento, ma anche numerosi contributi dalla platea. A chiudere è stata la leader nazionale del comparto, Serena Sorrentino, la cui presenza ha impreziosito e qualificato il profilo del congresso di Agrigento che ha fatto registrare una massiccia partecipazione. Il suo intervento, grazie alla competenza, alla passione e al riconosciuto carisma, è stato particolarmente seguito, gradito e condiviso dai lavoratori e dal gruppo dirigente. La Sorrentino ha parlato di valori, quelli fondamentali, universali “sui quali – ha sottolineato – la Cgil dovrà tornare a puntare: solidarietà, uguaglianza, diritti di cittadinanza e sviluppo. E a seconda di ogni valore – ha puntualizzato – fa una proposta di azione sindacale. Noi della Funzione Pubblica, per il ruolo strategico che esercitiamo all’interno dell’Organizzazione, proponiamo la contrattazione inclusiva”.