Consegnato alla commissione regionale antimafia presieduta dall’on. Claudio Fava, il dossier, sull’azienda confiscata alla mafia “Calcestruzzi Belice srl”. Il dossier, ripercorre gli anni che vanno dal sequestro alla confisca fino ad oggi.
L’azienda sottoposta a sequestro ed amministrazione giudiziaria dal Tribunale di Agrigento, opera attualmente sotto la direzione e il controllo dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati, esercitando l’attività estrattiva nelle cave di calcare: “Carbonaro Cicchitello” e “Piano Barone” site in Montevago.
La
Calcestruzzi Belice srl, fu al centro della cronaca anche per il fallimento
decretato dal Tribunale di Sciacca nell’ottobre del 2016 su istanza dell’Eni, e
poi annullato dalla Corte di Appello di Palermo nel mese di maggio 2017,
diventando un caso nazionale.
“Dopo
una lunga battaglia, dice Vito Baglio, segretario generale della Fillea CGIL di
Agrigento e grazie all’accordo sottoscritto presso il Ministero degli Interni
dal vice Ministro, dall’Agenzia Nazionale per i Beni Sequestrati e Confiscati, Cgil
e Fillea, l’attività aziendale è ripartita. Dopo tre anni dalla riapertura
l’azienda ha recuperato gradualmente la clientela ed aumentato il fatturato, sono
stati regolarmente pagati tutti gli stipendi dei lavoratori ed i compensi degli
amministratori, è stato estinto qualche debito pregresso nei confronti di
fornitori e sono stati effettuati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria
su impianti e macchinari obsoleti. Grazie a quest’ultimo periodo di attività
lavorativa svolta, tre lavoratori hanno raggiunto i requisiti per la pensione e
ciò ha permesso di riassumere due lavoratori che erano stati licenziati negli
anni precedenti. In aggiunta a ciò, continua Baglio, in seguito al graduale
aumento delle commesse, è stato possibile aumentare l’organico. L’obiettivo,
insiste Baglio, è quello di affidare l’attività aziendale alla cooperativa dei
lavoratori, impegnando l’Anbsc a risolvere alcune problematiche come: il
rinnovo delle autorizzazioni delle due cave, i debiti pregressi in particolare
verso amministratori e professionisti del periodo dell’amministrazione
giudiziaria, grossi investimenti per rinnovare il parco macchine ed impianti
ormai obsoleti utilizzando i fondi del Mise. Ad oggi le due cave hanno un
potenziale estrattivo residuo complessivo di circa 7.500.000 metri cubi, che
con una oculata gestione potrebbero garantire lavoro almeno per altri 40 anni.
Le aziende confiscate – conclude Baglio – vanno tolte alla mafia, salvate, riportate alla legalità, restituite sane alla società civile e rilanciate, facendole gestire dagli stessi lavoratori liberi dall’oppressione mafiosa: la Calcestruzzi Belice srl rappresenta questa grande occasione di riscatto e sviluppo”.