Il prof Catanzaro nella puntata campione di ascolti del Commissario Montalbano

Il secondo episodio della nuova stagione del Commissario Montalbano, intitolato «Amore», ha incollato alla tv 10,8 milioni di telespettatori , 42,8% di share.

Nel cast di ieri sera, oltre al protagonista Luca Zingaretti anche il saccense Vincenzo Catanzaro, il professore attore e regista, appassionato da sempre di cinema e teatro che vanta anche la presenza in diverse produzioni televisive e cinematografiche nazionali. In passato, aveva partecipato anche al film “L’ora legale” di Ficarra e Picone.

Un episodio surreale, quello di ieri sera, malinconico e commovente, segnato dalla gelosia di Salvo, dalle mancate nozze con la sua Livia che non riesce a sposare neppure in sogno e  ovviamente, caratterizzato dalle indagini su una misteriosa morte, una tragica e folle storia d’amore che porta tutti a riflettere sui sentimenti.

L’episodio di ieri, le cui scene sono state girate a maggio e giugno dello scorso anno, ha chiuso il ciclo di quest’anno della fortunata serie nata nel 1999, tratta dai libri di Andrea Camilleri e prodotta dalla Palomar. I nuovi episodi, sono attesi per il 2019.

Francesca Valenti: “La Regione ci aiuti a trovare una struttura per il ricovero di 200 cani vaganti nel territorio di Sciacca”

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Si è svolta questa mattina nella sala giunta del Comune di Sciacca l’atteso vertice tra l’amministrazione, il servizio veterinario dell’Asp e alcune associazioni animaliste che hanno partecipato ai lavori. Si è fatto il punto sulle iniziative da intraprendere per assicurare la necessaria custodia agli animali randagi che si trovano nel territorio di Sciacca. Il sindaco ha fatto presente che nelle strutture convenzionate con il Comune al momento non ci sono posti per assicurare la custodia di altri cani e che per alcuni tra quelli accalappiati al Muciare si è fatto ricorso ad un rifugio di Santa Margherita Belice. Il problema, però, rimane perchè è stato riferito che ci sono circa 200 cani nel territorio di Sciacca che andrebbero sterilizzati e, nel periodo immediatamente successivo alla sterilizzazione, trasferiti presso strutture idonee. A questo proposito il sindaco, Francesca Valenti, ha chiesto aiuto alla Regione per evitare che a Sciacca si acceleri con la sterilizzazione, iniziativa già partita, ma che ci siano difficoltà ad assicurare idonea custodia ai cani. Alla riunione ha partecipato anche il presidente della commissione Sanità dell’Assemblea Regionale Siciliana, onorevole Margherita La Rocca Ruvolo.

Commenti. Alberto Montalbano: “La Sciacca civile isoli la Sciacca degli avvelenatori di cani”

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Inizia, con il bellissimo articolo che pubblichiamo, la collaborazione di Alberto Montalbano, giornalista e scrittore, già direttore de “L’Otto e Mezzo – Il Settimanale di Sciacca”, con il nostro giornale.
di Alberto Montalbano
Ho visto su Internet le foto delle carcasse di cane in contrada Muciare. Io, nato a Porta Bagni, lì ci sono cresciuto. Ne conosco ogni sasso, ogni pietra, ogni cespuglio, ogni scoglio. Andate al Viale delle Terme, lato vecchio ospedale. Da lì parte il sentiero che conduce alla spiaggia di Cammordino. Percorrete circa venti metri e poi guardate in alto, in direzione del Viale delle Terme. C’è una grotta scavata nella roccia. Da bambino collezionavo ossa di animali. Mia nonna, una volta, quasi ebbe un infarto quando aprì uno scaffale della mia libreria e si trovò di fronte, a fissarla, gli occhi cavi del teschio d’una mucca. Se però volevo ossa di cani, non dovevo fare altro che arrampicarmi fino a quella grotta sotto il Viale delle Terme. Ce n’erano a quantità. Era quella la grotta in cui, temporis illis, gli accalappiacani ammazzavano i cani randagi. Oggi siamo più civili, e la legge ci impone di: 1) prelevare i cani randagi 2) mantenerli a spese del comune e, se femmine, sterilizzarli 3) riportarli nel luogo in cui erano stati prelevati. È una legge civilissima. Forse troppo civile. Presuppone un contesto sociale adatto a comprenderla e a farla rispettare. Presuppone un cittadino pronto a denunciare quello stronzo del vicino di casa che anziché sterilizzare la sua cagna o castrare il suo cane, semplicemente stipa i cuccioli in una scatola di cartone e li abbandona accanto a un cassonetto dei rifiuti. Qui no, i vicini si fanno i fatti loro, salvo lamentarsi col sindaco se un branco di cani randagi staziona a pochi metri da casa loro (pur sapendo benissimo da dove vengono). Vivo in Gran Bretagna, dove i cani sono tollerati e rispettati come in nessun altro paese al mondo. Cani randagi a Londra non ce ne sono, e per due motivi. Il primo è che i vicini ti controllano. Il KGB era niente, al confronto. Un tipo in bicicletta una volta mi fermò e mi chiese, con tono inquisitorio: “Ho visto il tuo cane che correva per strada da solo, ieri. Tutto a posto?” Il secondo motivo è che in Gran Bretagna, come in Francia, paesi notoriamente incivili, i cani randagi li abbattono. Dopo una settimana di permanenza nel canili, microcippati o no, l’abbattimento è a discrezione del canile. In Italia no. Noi siamo brava gente e pretendiamo che i sindaci siciliani spendano centinaia di migliaia di euro l’anno, che ovviamente non hanno, per mantenere centinaia di cani randagi. Fingendo di non sapere che queste povere bestie moriranno comunque, e di morti orribili, nel giro di due anni (se non vengono avvelenate prima). Moriranno di fame, di freddo e per lo più di leishmaniosi. Ciò non toglie che quelle immagini su Internet facciano impressione. Davvero. Cerchi Sciacca su Google e i primi venti link (Wikipedia a parte) ti rimandano alle foto orribili di quei cani morti accatastati ai margini di una strada. Qualunque turista scriverà Sciacca su Google prima di prenotare una vacanza, piaccia o meno, s’imbatterà in quelle foto. Sono un saccense con una certa conoscenza della materia. Dei cinque cani che avevo, tre sono morti per avvelenamento. Giocoforza, sono diventato un esperto. Cassio fu il primo dei miei cani a essere ammazzato. Lo chiamammo Cassio perché avevamo già una trovatella. Su casa nostra c’era la costellazione di Cassiopea, così lei divenne Pea e lui Cassio. Era buonissimo e di un’intelligenza quasi umana. Un giorno mi misi a far girare una corda e tutti gli altri cani presero a inseguire il capo più lontano. Lui no. Lui si fermò e cominciò a fissarmi. Io pensavo, ma che è scemo? e lui invece fece la cosa più intelligente. Anziché inseguire la corda mi saltò addosso e afferrò l’altra estremità. Quella che tenevo fra le mani. Non me lo scorderò mai. Stavano assieme, Cassio e Pea, quando lui morì. A salvare Pea fu la sua diffidenza per gli uomini. Col cavolo che si mangiava la vostra polpetta avvelenata. Cassio invece pensava di essere un uomo e di potersi fidare. Povera bestia. Quando Cassio non tornò a casa, Pea ululò tutta la notte. Erano cresciuti insieme. Pea ce la siamo portati a Londra. L’unica sopravvissuta agli avvelenamenti. È morta di cancro. In una clinica, sedata e mentre l’accarezzavo. Moriremo tutti prima o poi. È il modo che fa la differenza. In caso d’avvelenamento, se non hai acqua ossigenata, devi prendere un imbuto, riempirlo di sale e ficcarlo nella gola del cane, poi devi versarci dell’acqua e costringerlo a ingerire la salamoia fino quasi a farlo soffocare. Devi continuare finché non vomita l’anima. M’è capitato di doverlo fare nove volte in meno di due anni. L’ultima ero al telefono con Calogero Gennaro, il mio veterinario, che mi spiegava come fare al mio cane non so quale iniezione. Quando il cane tornò a respirare non riuscivo a smettere. Tremavo e piangevo come un bambino. Pochi giorni prima avevo trovato Pasquale, un randagio che s’aggirava nella zona, in una pozza di vomito e feci nella veranda di casa. Morto. Mi svegliarono i guaiti delle mie cagne. Aveva mangiato un boccone avvelenato ed era venuto a morire dove si sentiva protetto. Ma io ho il sonno pesante, non mi accorsi di nulla e non fui capace di salvarlo. Da quel giorno (da dieci anni), ho smesso di mettere i tappi per le orecchie prima di andare a dormire. Pasquale era pacifico, timido e assolutamente innocuo. Non faceva parte di nessun branco, non era un pericolo per nessuno, ma qualche saccense si sentì tuttavia in dovere di liberare il mondo dalla sua presenza. Sono sicuro che qualche vicino sa chi ha lasciato la polpetta avvelenato che ha ammazzato Pasquale. Nessuno, però, fu in grado di dirmi nulla. Una legge sbagliata non giustifica chi si fa giustizia da soli. Quando Socrate bevve la cicuta, la bevve lui, non la fece bere ai suoi cani. Esistono due Sciacca. Una Sciacca civile e una Sciacca di avvelenatori di cani. La parte civile dovrebbe isolare quell’altra, anziché difenderla (sia pure involontariamente) in un mal riposto senso di solidarietà cittadina. La parte civile di Sciacca non dovrebbe solo dire: “Io non avveleno i cani”, ma dovrebbe fare tutto ciò che è in suo potere per fare arrestare la carogna che ha avvelenato quei cani. Ve lo dico da saccense che ama la sua città come solo un emigrante può fare: non difendete il colpevole nell’illusione di difendere l’innocente. Non è così che funziona.
                                                                        Alberto Montalbano

Boicotaggio per il passaggio del Giro d’Italia a Sciacca, sito animalista lancia petizione

La petizione lanciata dal sito rispettoanimali.it ha gia’ raccolto piu’ di tredici mila adesioni e in poche parole, chiede allo staff organizzativo di estromettere la citta’ di Sciacca dal percorso della terza tappa siciliana del Giro d’Italia. L’estromissione di Sciacca, secondo il sito, dovrebbe essere valutata a seguito della morte dei 25 randagi per avvelenamento che si e’ verificata nella cittadina. Nella petizione che si annuncia verra’ consegnata all’organizzazione della storica corsa, vengono indicate come motivazioni:” Il fatto – si legge –  che vi sia del veleno sul territorio e’ un attentato verso la comunità intera, animali, ambiente e persone. Un paese in cui o deboli vengono sopraffatti e eliminati, non puo’ accogliere un evento sportivo di cosi’ alto valore”.

Scarcerati 21 dei presunti boss agrigentini, per il Tribunale del Riesame devono tornare in liberta’

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Lasciano il carcere 21 dei 58 presunti boss ed estorsori agrigentini arrestati su ordine della Dda di Palermo il 22 gennaio scorso. Il tribunale del Riesame ha annullato le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip nonostante, per la prima volta, decine di vittime del racket abbiano confermato la richiesta di pizzo e un nuovo pentito, che al contrario dei mafiosi resta detenuto, abbia fatto i nomi di boss e gregari. Il tribunale del Riesame si è preso 45 giorni per il deposito della motivazione dei provvedimenti. Prima di allora la Procura non potrà ricorrere in Cassazione, quindi presunti capimafia della provincia agrigentina, taglieggiatori e gregari di Cosa nostra, arrestati nel più grosso blitz mai fatto in quella zona, nel frattempo restano liberi. Una situazione che preoccupa gli inquirenti dal momento che – circostanza del tutto nuova – decine di vittime del racket stavolta hanno confermato di aver subito le estorsioni e potrebbero trovarsi faccia a faccia con gli aguzzini scarcerati. Paradossalmente, poi, resta in carcere Giuseppe Quaranta, ex capomafia di Favara che, dalla fine di gennaio, ha cominciato a collaborare con i magistrati. L’indagato ha ammesso di avere rivestito un ruolo di vertice nel clan fino al 2013-2014, ha parlato di estorsioni e di traffico di stupefacenti e ha indicato i capimafia della provincia. Tra gli scarcerati anche nomi eccellenti di Cosa nostra agrigentina: come i boss Raffaele Fragapane, Antonino Vizzì, Giuseppe Vella, Luigi Pullara e Giuseppe Blando. Le scarcerazioni potrebbero essere solo all’inizio. Le udienze davanti al tribunale del Riesame continuano. E se, come si sospetta, alla base degli annullamenti c’è un vizio formale come il difetto di motivazione dell’ordinanza emessa dal gip, che non sarebbe sufficientemente argomentata, le porte del carcere potrebbero aprirsi per decine di altri detenuti.
 

“Un pizza per Vincenzo”, organizzata gara di solidarietà per la famiglia Soldano

Un invito ad ordinare una pizza nell’attività di ristorazione gestita dalla famiglia Soldano. E’ la gara di solidarietà organizzata a Sciacca in occasione della riapertura della pizzeria di asporto a conduzione familiare dopo la grave perdita di Vincenzo Soldano, il sedicenne saccense deceduto il nove febbraio scorso in seguito ad un incidente stradale nella centrale via Mazzini. Il giovane ha perso il controllo dello scooter finendo contro il palo della segnaletica stradale. Una morte che ha scosso la comunità saccense che adesso, vuole dimostrare la propria vicinanza ai genitori del ragazzo, Stefano e Giacoma Soldano che devono provare ad andare avanti dopo il lutto subìto. La serata di solidarietà intitolata “una pizza per Vincenzo” prevede la partecipazione silenziosa di coloro che con un semplice gesto vogliono manifestare il proprio affetto. Il messaggio che si sta diffondendo tramite passaparola e i vari gruppi whatsapp specifica che non si tratta di una raccolta fondi, ma dell’ordinazione di una pizza e suggerisce la prenotazione già dalle ore 18:00 per evitare di concentrare tutti gli ordini in un’unica fascia oraria. Durante il Carnevale di Sciacca, conclusosi la scorsa settimana, si sono svolte diverse iniziative in ricordo del giovane scomparso recentemente.

Da oggi posti di blocco della polizia sempre con etilometro a Sciacca

I posti di blocco di polizia di stato e polizia stradale eseguiti a Sciacca vengono effettuati tutti con pattuglie munite di etilometro. E’ una delle iniziative disposte dalla questura di Agrigento che punta a colpire i reati contro il patrimonio, ma anche a migliorare la sicurezza nelle strade. Questa sera, in contrada Perriera, due pattuglie hanno controllato 105 persone e 60 veicoli ed elevato alcune multe per inosservanza al codice della stradale. Eseguite anche perquisizioni personali e  di veicoli che hanno dato esito negativo. La pattuglia con etilometri sarà una costante assicurano dalla polizia ed i servizi verranno potenziati nel fine settimana.

Operazione antimafia “Opuntia”, scarcerato Giuseppe Alesi

Revocata la misura cautelare in carcere per Giuseppe Alesi, di 47 anni, di Menfi, coinvolto nell’operazione antimafia “Opuntia”. Oggi è stato scarcerato ed è tornato in libertà come la settimana scorsa il fratello, Cosimo. I due, difesi dall’avvocato Luigi La Placa, sono gli unici per i quali il giudice, Fabio Pilato, dopo l’interrogatorio di garanzia, ha disposto la revoca del provvedimento, rimettendoli in libertà. Su Giuseppe Alesi emergono rapporti con Domenico Friscia e con Vito Bucceri, ma lui ha sempre respinto l’accusa di mafia, sostenendo che con Friscia c’era un’amicizia personale e che ha accompagnato in qualche occasione  Bucceri perché gli avevano ritirato la patente di guida. Il collaboratore di giustizia ha escluso l’appartenenza dei fratelli Alesi alla famiglia mafiosa. Nelle foto, l’avvocato Luigi La Placa e Giuseppe Alesi

Danni economici per Sciacca: turisti disdicono le prenotazioni negli alberghi

Ci sono le prime conseguenze del danno economico subito dalla città di Sciacca nell’ambito del dibattito scaturito dall’attenzione mediatica sulla strage di cani avvelenati a Muciare. Come se si trattasse di un fenomeno specificatamente “saccense”, mentre notizie del genere provengono anche da altre località situate in tutta Italia. Il proprietario di un hotel di Sciacca ha scritto alla nostra redazione segnalandoci che un cliente umbro, che aveva prenotato per un soggiorno nel periodo pasquale, stamattina ha annullato tutto dopo avere appreso delle notizie relative all’avvelenamento dei cani. Una situazione a dir poco assurda, contro la quale si rischia però una assurda lotta contro i mulini a vento. Siamo certi, purtroppo, che episodi di tale portata si stiano ripetendo anche in altre strutture ricettive. Chi pagherà per tutto questo?

La strage dei randagi diventa un “caso”: l’opinione dei saccensi

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Fiumi di parole, o meglio d’insulti e offese, indirizzati alla città di Sciacca, teatro della mattanza dei randagi di contrada Muciare dove 25 cani hanno trovato la morte mangiando cibo avvelenato. Da un lato la barbarie compiuta per mano criminale di ignoti, dall’altro il processo sui social alla città. Una comunità indiscriminatamente indicata dagli haters seriali al servizio della violenza su tastiera come specchio di ignoranza e noncuranza verso gli animali. Un’ondata senza precedenti consumata con post e commenti sul web che ha sconvolto Sciacca, sulla quale si sono accese le luci dei riflettori divenendo un vero “caso” mediatico. Stamattina abbiamo raccolto l’opinione a caldo dei cittadini tra quanti si sono detti indignati, sgomenti e increduli per quanto accaduto.