Michele Catanzaro: “Su Girgenti Acque il Comune di Sciacca non è più solo, altri hanno deciso di condividere la stessa battaglia”

“L’inchiesta dei magistrati di Agrigento su Girgenti Acque, qualunque sarà l’esito finale, contribuirà a fare chiarezza, ed è ciò di cui c’è bisogno”. Lo ha dichiarato l’onorevole Michele Catanzaro, deputato all’Ars del Partito Democratico, in riferimento all’indagine che riguarda il gestore idrico. “Nel frattempo noto con piacere – ha aggiunto Catanzaro – che in merito alla qualità tutt’altro che esaltante del servizio idrico erogato da Girgenti Acque in provincia di Agrigento, il Comune di Sciacca non è più solo, visto che anche altri comuni hanno deciso di condividere la stessa battaglia”. Nei giorni scorsi Catanzaro ha preso parte alla manifestazione di protesta che si è svolta a Raffadali promossa dal locale Comitato cittadino per l’acqua pubblica, sulla scia di un’altra grande mobilitazione, quella organizzata dal Coordinamento delle associazioni per l’acqua pubblica “Titano” di Favara.  “Se, dopo undici anni dall’entrata in vigore della nuova gestione, così tanti cittadini protestano, allora vuol dire che non c’è più alcuna alternativa alla necessità di addivenire alla risoluzione del contratto”. Questa l’opinione di Catanzaro, il quale ricorda come, da quando è stata eletta sindaco di Sciacca,  Francesca Valenti abbia inciso “un solco senza precedenti nel rapporto con l’ente gestore”.

Prossima edizione del Carnevale dentro il budget dei 300 mila euro, ma per i saccensi la festa è irrinunciabile

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Secondo qualcuno si spenderà ancora troppo, tanto per la festa, ma per la prima edizione della festa targata dalla giunta Valenti, specie l’assessore Filippo Bellanca, sta cercando di tirare la cinghia sulla manifestazione contenendola dentro la cifra dei 300 mila euro. Ma chi conosce bene la macchina organizzativa della manifestazione, sa come la kermesse, così come è strutturata, ha le sue notevoli spese.

Intanto, le voci critiche sul Carnevale tra i saccensi sono davvero poche. Per molti, la festa va fatta perché tradizione, perchè comunque rappresenta un motivo di richiamo per i turisti e perché Carnevale è sempre Carnevale.

Commenti. Belìce 50 anni dopo: a confronto Storia e Memoria. Da Goethe ai cugini Salvo: conoscere per crescere. A cura dell’arch. Paolo Ferrara

C’è il 15 gennaio 1968, con il terremoto. C’è il 15 gennaio 2018, con l’anniversario dei 50 anni dal terremoto. C’è, tra le due date, un ampio arco temporale di “fatti” e di “memoria”. C’è che lo Stato, come primo aiuto ai terremotati, elargisce biglietti ferroviari di sola andata per il Nord. Già il 20 gennaio 1968, circa trentamila siciliani (comunque al lordo della “normale” migrazione) erano transitati da Roma Tiburtina. In gran parte profughi del terremoto. Lo dice il Ministero dell’Interno: Comunicazione n. 15 del 06.febbraio.1968. Si vedano gli archivi della Protezione Civile, nata nel 1982 solo dopo altri due disastrosi terremoti: Friuli 1976 e Irpinia 1980. C’è il collegamento tra il viadotto Rampinzeri di Partanna e l’autostrada Palermo-Mazara del Vallo.  Una normalissima strada costruita negli anni ’70. Costò circa un miliardo e 200 milioni di lire del tempo, pari oggi a circa tre milioni e 200 mila euro. Non si tratta del costo complessivo, ma di quello per km. Follia. C’è il Piano Urbanistico Comprensoriale n.4, redatto negli anni ’70 per pianificare la ricostruzione di una parte del territorio della Valle del Belìce (comprendente dieci Comuni, circa 100mila persone). La Procura della Repubblica di Palermo scoprì che il Piano era stato falsificato, sostituendo alcuni documenti originali con altri che cambiavano le destinazioni d’uso delle aree su cui sarebbe stata attuata la ricostruzione. Il tutto a esclusivo vantaggio della triade  politica-mafia-costruttori edili. In quegli anni, già ben collaudata con il “sacco di Palermo”, la corsa del sistema politico/mafioso agli appalti era in piena attività. C’è Vito Lipari, sindaco di Castelvetrano. Nei suoi cassetti aveva una copia dei due Piani: quello “vero” e quello “falsificato”. Fu ucciso il 15 agosto 1980. C’è Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana. Era stato lui ad aprire il caso dei due Piani,“vero” e “falsificato”, volendo fortemente scoprire chi avesse avuto interesse nel sostituirli; nel mentre, la magistratura accertava che quello “falsificato” aveva, oramai, soppiantato quello “vero”. Fu ucciso il 6 gennaio 1980, otto mesi prima del sindaco di Castelvetrano. C’è il costo dell’esproprio dei terreni da utilizzare per la ricostruzione. Un dato eloquente degli anni ‘70: dai previsti 2 miliardi e mezzo di lire si era arrivati a 21 miliardi. Fu questo l’unico capitolo di spesa su cui la Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nel 1979, per la quale non vi erano anomalie o infiltrazioni mafiose rispetto l’iter della ricostruzione, non poté fare a meno di ammettere che si trattava di un “dato oggettivamente strano”. C’è la Diga Garcia. Qui la stessa Commissione parlamentare d’inchiesta non evidenziava, per la sua costruzione, “…apparenti anomalie nell’appalto dei lavori”. “Apparenti”, appunto. C’è Mario Francese, che della Diga Garcia fece uno dei suoi cavalli di battaglia. La sua grande inchiesta ne comprovò, denunciandole, le infiltrazioni mafiose e le collusioni politiche. Mario Francese fu ucciso nel 1979. C’è Danilo Dolci, che lottò pacificamente per il popolo siciliano. Aveva lasciato Trieste, la civilissima Trieste, per trasferirsi a Trappeto, nella Sicilia arretrata degli anni ’50. La sua quarantennale battaglia per il popolo siciliano può essere simboleggiata con la data del 25 marzo 1970, giorno del suo epico appello trasmesso da Radio Libera Partinico; la prima radio libera italiana, per le leggi del tempo, fuorilegge. Appello che così iniziava: “Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza”. Ventisei ore di trasmissione, con accuse esplicite a chi stava lucrando sui fondi destinati alla ricostruzione e con la denuncia della situazione disastrosa in cui vivevano le popolazioni della Valle. Per quella trasmissione radio fu arrestato.  L’irruzione della Polizia fu armi in pugno. Poi, negli anni a seguire, fu ostracizzato dai mafiosi e inascoltato dai politici. Tre volte candidato al Nobel per la Pace. Nel 1989 Dolci sarà insignito del Premio Gandhi. Al suo funerale, nel 1997 a Trappeto, pochi amici. Nessun politico. C’è tutto un mondo di figure elevatissime a condividere e appoggiare le battaglie di Dolci: Italo Calvino, Erich Fromm, Bertrand Russell, Giorgio La Pira, don Milani. C’è il suo Piano per la Ricostruzione del Belìce, redatto con Bruno Zevi. Si trattava di un approccio assolutamente innovativo, basato sulla “pianificazione dal basso”, che significa pianificare il territorio (dunque, il sistema città/territorio) direttamente con chi dovrà abitarlo e rendere proficuo. Sarebbero dovute nascere le “città-territorio”, cioè l’insieme dei paesi terremotati ricostruiti in sinergia, che li coinvolgesse reciprocamente nel loro essere parte di un sistema industriale / turistico / terziario. Il Piano nasceva sulla base delle dirette istanze delle popolazioni, basate sulla richiesta occupazionale che sfruttasse le risorse del territorio, fermando il flusso migratorio. Non se ne fece nulla. Anzi: si addossò -con dolo- alle popolazioni la volontà di non attuarlo. C’è la “coppia Salvo”, i cugini Ignazio e Nino Salvo. Su dei loro terreni, posti in contrada Salinella, fu deciso dall’alto (ISES) di ricostruire Gibellina. Terreni salmastri, intrisi d’acqua, inutili all’agricoltura, inutilizzabili per qualsivoglia destinazione, ma perfetti per i cavalieri della speculazione. I cugini Salvo incassano miliardi (dell’epoca), ringraziano e brindano. C’è Carlo Alberta Dalla Chiesa, che nel suo rapporto del 23 marzo 1971, conferma chiaramente la collusione mafiosa dei cugini Salvo, rimarcandone il loro potere politico legato a filo doppio alla Democrazia Cristiana. Dalla Chiesa muore assassinato nel 1982. C’è Pio La Torre che, nel 1976, ribadisce quanto già detto da Dalla Chiesa: i Salvo tengono in mano le redini politiche del trapanese e, dunque, sono i primi riferenti della mafia. Mafia a quel tempo impegnata appieno nella ricostruzione del Belìce. Pio La Torre muore assassinato nel 1982, pochi mesi prima di Dalla Chiesa. C’è l’Autostrada Palermo – Mazara del Vallo. Il suo tracciato, identificato quale panacea di tutti i mali, nuova via dello sviluppo e della rinascita del Belìce, fu la motivazione ufficiale per ricostruire Gibellina Nuova ai suoi margini. La possibilità di arrivarvi direttamente sarebbe stato il valore aggiunto all’idea di sviluppo del territorio. E’ così che si trasla Gibellina sui terreni dei Salvo, “casualmente” adiacenti all’autostrada. Peccato però che mancasse del tutto qualsivoglia “idea di sviluppo”. Tranne quella della speculazione. C’è, dunque, Gibellina Nuova, nata sui terreni dei cugini Salvo; e c’è chi in essa vede il simbolo della “rinascita del Belìce”. Vi si arriva dall’Autostrada Palermo – Mazara del Vallo; vi si entra passando sotto la Stella di Consagra, detta “la porta del Belìce”. Il sindaco Ludovico Corrao, durante l’inaugurazione, la definì “simbolo della capacità della gente del Belìce a fare sopravvivere la memoria della cultura, a dispetto dei tentativi di cancellarla”. Per adesso è solo simbolo degli sprechi. C’è, sulle opere d’arte e sulle architetture di Gibellina Nuova, la firma di Burri, Consagra, Cascella, Mendini, Ungers, Samonà, Pomodoro, Schifano, Barna, Paladino, Quaroni, etc. In ambito culturale, Gibellina Nuova è considerata quale “museo a cielo aperto”. C’è il sindaco Ludovico Corrao, fautore della Gibellina d’arte. In più occasioni avrebbe poi fatto ricorso alla magistratura per denunciare la cattiva esecuzione dei lavori di costruzione delle abitazioni e, soprattutto, delle opere pubbliche. La sinergia terreno acquitrinoso-salmastro (dei Salvo) / cattiva esecuzione dei lavori (delle imprese colluse con la mafia) dà un solo risultato: carenza della qualità del nuovo, che si trasformerà in assoluto danno economico. C’è la triade Graci, Rendo, Costanzo. Già Cavalieri del Lavoro, nel Belìce diventano quelli dell’Apocalisse, arrivando da Catania per costruire Gibellina Nuova. C’è, sin dalla fine della loro costruzione, la manutenzione da fare alle opere pubbliche costruite nel post terremoto. Sono opere sovradimensionate, inutilizzate, e poi degradate, trascurate. I soldi che ancora oggi servono a manutenerle sono tanti, troppi. A fondo perduto. Ci sono gli architetti, alcuni dei quali hanno fatto assurda sperimentazione sulla pelle dei belicini. Gibellina Nuova  e Poggioreale quale campo di applicazione di teorie urbanistiche assurde, totalmente fuori contesto. Architetti che hanno costruito la loro fama sui bisogni primari dei belicini, attenti solo alla loro brama di successo professionale e accademico. Vergogna, professionale e accademica. C’è Don Antonio Riboldi, che definiva Gibellina Nuova non un “museo a cielo aperto” bensì simbolo dei luoghi in cui “si è rubato a cielo aperto”. Don Riboldi aveva ragione. Don Riboldi fu fatto Vescovo di Acerra. Promoveatur ut amoveatur. C’è Santa Margherita di Belìce, ricostruita ex novo. Gli edifici sono antisismici.  Dopo 50 anni: molti senza ancora gran parte del sistema fognario e delle opere di urbanizzazione. C’è Sciacca, che del Piano Città/Territorio di Dolci e Zevi era elemento centrale. Descriveva Zevi: “ La città-territorio delle valli del Belìce, Carboj e Jato si fonda su tre capisaldi: tre aeroporti […], tre porti industriali e turistici, Castellammare a nord, Sciacca a sud e quello peschereccio a Mazara. Per il traffico veloce: […], a sud la Sciacca-Mazara. Poi, anche la verticale Castellammare-Sciacca , attrezzata. Una dorsale a questa si collega poi, presso Enna, all’autostrada Palrmo-Catania”. Il sistema città-territorio prevedeva insediamenti industriali e turistici. Sciacca ne sarebbe stato uno dei cardini, collegata direttamente con Palermo, Trapani, Catania. Cinquant’anni sprecati anche per Sciacca. C’è che le inchieste sul “sacco del Belìce” non hanno mai dato alcun frutto. Trapani, Sciacca, Palermo, Marsala, Agrigento le Procure che aprirono circa una trentina d’inchieste. Nulla di fatto. C’è Johann Wolfgang von Goethe, che il 21 aprile 1787 dormì nel Belìce. Si svegliò nella notte e, racconta, vide “…una stella di tale bellezza come mi pareva di non averne mai vedute”. Fu solo al mattino che capì che l’effetto di quella stella era dovuto al filtrare della luce da un buco nel tetto. I “buchi” diventeranno tradizione nella gestione della ricostruzione. C’è che da cinquant’anni la popolazione del Belìce si sveglia sotto una brutta stella. Non si tratta della Stella di Consagra, Porta del Belìce. E’, invero, la stella della scellerata gestione delle risorse e della (volutamente) mancata pianificazione per trarre reale profitto dalle risorse stesse. Risorse economiche, risorse naturali; risorse umane, soprattutto. C’è che alcune tratte ferroviarie che da Palermo, e sino alla costa sud occidentale, avrebbero portato nel Belìce turisti e merci, furono chiuse nel 1984. C’è che nessun politico, governante o meno che fosse, s’indignò della cosa. Anzi, la propugnò. C’è qualcosa di peggiore: nessun politico, attualmente in attività, fa battaglie per la riapertura e il potenziamento delle linee ferrate. C’è che, nel frattempo, lo Stato ha incassto circa 8 miliardi di euro dalle accise per il Belìce, ma per il Belìce ne ha spesi 2 di miliardi. C’è, l’idea di Costruire Bellezza. Nonostante tutto. C’è chi crede fermamente che il Belìce abbia saputo creare “eccellenze” a dispetto dello Stato assente, che non ha fatto quel che avrebbe dovuto. Poche “eccellenze”, per pochi. Che non riescono comunque ad arginare l’emigrazione dei giovani. Che non riescono a creare “vera economia”. Che non riescono a ottenere le strade, le ferrovie, i servizi, così da dare ancora più forza alle proprie scommesse, al proprio coraggio. C’è la Storia, che sta nei fatti. I fatti sono che Agrigento e Trapani sono tra le provincie più povere d’Italia, sia per reddito che, soprattutto, per servizi. E la disoccupazione naviga a vele spiegate. C’è la Memoria, che sta nei ricordi. I ricordi sono quelli di una popolazione formata da agricoltori e pastori, di donne vestite perennemente a lutto, di fotografie di luoghi diroccati; delle baraccopoli in condizioni oltre il limite della decenza umana. C’è Albert Einstein e la sua la legge sulla relatività. In pillole. Il “tempo” è relativo: un’ora trascorsa in piacevole compagnia passa velocemente; un’ora trascorsa in poco piacevole compagnia passa molto lentamente. Inconfutabile: un’ora è sempre un’ora. E’, dunque, la sua qualità che ne rallenta o allunga la percezione. C’è che Cinquant’anni dal terremoto sono oggettivamente tanti. Per il Belìce, secondo la teoria di Einsetin, infiniti. Cinquant’anni sarebbero solo “memoria” se il tempo trascorso fosse stato proficuo, lasciandoci così solo il ricordo della tragedia. I cinquant’anni trascorsi dal terremoto sono, purtroppo, ancora  “storia” poiché i fatti sono ineludibili: la ricostruzione non è ancora finita. “Ricostruzione” non solo fisica degli edifici, delle strade, dei servizi. Soprattutto, “Ricostruzione” del futuro della popolazione. Ricostruzione dell’ “anima delle persone”, come la definisce Tanino Bonifacio. C’è chi crede nei “fatti” e c’è chi vive di “memoria”. La differenza è sostanziale. Oggi, dopo il Presidente Mattarella, dopo la giusta, dovuta commemorazione della memoria, ripartire dai molti, brutti, squallidi e penosi “fatti”, è conditio sine qua non per lasciarseli alle spalle, e renderli -finalmente- “memoria”. Costruire bellezza morale per edificare quella materiale.    

Verso le Politiche. Il M5S punta sul collegio uninominale di Sciacca, considerato tra quelli espugnabili

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Mancano appena dieci giorni al deposito di liste e candidature. Eppure sembra essere ancora tutto in alto mare. Le selezioni interne agli schieramenti (comprese le celeberrime Parlamentarie grilline) si stanno rivelando particolarmente complesse. Le scelte però vanno fatto al più presto. E mentre nel centrodestra scoppia il caso del gruppo “Noi con l’Italia”, che ha abbandonato il tavolo contestando la suddivisione dei presunti “collegi sicuri” (appena 13 quelli previsti per questa formazione, a fronte dei 55 “riservati” a Fratelli d’Italia), nel centrosinistra il Partito Democratico è al lavoro per coprire le candidature all’uninominale ma, soprattutto, con un occhio al proporzionale. Il collegio uninominale di Sciacca per la Camera (comprende anche i comuni trapanesi di Mazara e Castelvetrano) viene accreditato per una possibile affermazione del Movimento 5 Stelle. I piani alti pentastellati considerano questo collegio come quello su cui poter puntare, ancorché in una condizione di non aggregazione con uno schieramento più ampio. Il nome del candidato verrà fuori dalle Parlamentarie, e il mondo grillino è quello che meno degli altri sembra disponibile a fare previsioni sul futuro. Per il centrodestra alla Camera vorrebbe andare Toni Scilla, forzista di Mazara, primo dei non eletti alle ultime regionali; al Senato, se l’accordo con “Noi con l’Italia” venisse recuperato, toccherebbe quasi certamente a Peppe Ruvolo. Il centrosinistra ha una situazione con due parlamentari uscenti: Maria Iacono e Tonino Moscatt. Ma in politica due più due rischia di non fare quattro, e Matteo Renzi avrebbe già dato mandato al suo potente luogotenente Davide Faraone di piazzare persone di sicura affidabilità. Altri candidati possibili all’uninominale (non si sa se per Camera o Senato) possono essere Tiziana Russo o Carmelo Burgio (LeU). Nomi tutti da valutare anche per il Proporzionale, che è quello verso il quale si tende con determinazione, nell’ottica di quel voto d’opinione che premierà ancora i nominati dalle segreterie politiche. Pare certo, infatti, che i candidati nell’Uninominale saranno ai primi posti anche nel Proporzionale.

Santa Margherita dei Teutonici in Sciacca: domani al Circolo di Cultura la presentazione delle ultime ricerche storiche

Il Rotary Club di Sciacca, presieduto dal notaio Francesco Raso, organizza per domani pomeriggio alle 17,30, presso il Circolo di Cultura, la presentazione del libro “SANTA MARGHERITA DEI TEUTONICI IN SCIACCA” realizzato dalla prof.ssa Angela Scandaliato e dagli architetti Pietro e Costanza Meli. Tra storia, arte ed architettura, gli autori riesaminano e ridefiniscono la lettura del monumento più singolare della città, edificato tra il 1300 ed il 1500, mediante una minuziosa ricerca storico-archivistica e lo studio delle strutture architettoniche, che mette in discussione le notizie finora conosciute sul periodo di fondazione e sulla committenza della Chiesa di Santa Margherita. Interverranno la prof.ssa Angela Mazzè docente di storia dell’arte moderna e contemporanea dell’Università di Palermo ed il prof. Francesco Paolo Tocco docente di storia medievale dell’Università di Messina.

Randagismo. Nuove proteste dalla Perriera: “Non possiamo neanche andare a buttare la spazzatura”

I branchi di cani continuano ad essere padroni di interi scorci di città. Le segnalazioni si susseguono, e oggi torniamo a parlare della contrada Perriera, il quartiere più grande della città, dove a macchia di leopardo i randagi bivaccano e scorrazzano. Non stiamo parlando solo della panoramica di via Salvador Allende, che da anni è diventato luogo privilegiato per le attività sportive e podistiche di amatori e non. Zona dove si sono verificati numerosi episodi nel recente passato di aggressioni. “Abbiamo paura a circolare a piedi, la sera non possiamo neanche andare a buttare la spazzatura”, riferisce un nostro lettore. In attesa degli interventi di realizzazione del canile municipale, annunciata durante l’ultima conferenza stampa di fine anno del sindaco Francesca Valenti, il territorio è costretto a fare i conti sempre con lo stesso problema. Su cui, peraltro, è in corso un dibattito piuttosto ardito, tra animalisti e non, dove la contrapposizione assume talvolta i contorni surreali della stessa credibilità o meno delle denunce.

Duplice tentato omicidio: quarantenne arrestato a Licata

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Un quarantenne di Licata, Vincenzo Bugiada, è stato arrestato dalla Polizia di Stato, con l’accusa di tentato duplice omicidio. È accusato di avere aggredito due suoi concittadini, di 38 e 69 anni, padre e figlio, attraverso l’utilizzo di un’arma da taglio. Secondo indiscrezioni provenienti dal fronte investigativo, il movente del raptus sarebbe  da ricondurre a dissapori legati alla separazione in corso tra il Bugiada e la moglie, attualmente compagna del più giovane delle persone aggredite. Le quali sono fuori pericolo. I sanitari del pronto soccorso del locale ospedale, infatti, le hanno dichiarate guaribili in due settimane.

Palermo. Niente più rifiuti a Catania, 50 comuni nei guai

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Da stamattina 50 comuni circa non hanno più una discarica nella quale portare l’immondizia indifferenziata. La struttura di Oikos a Motta Sant’Anastasia, in provincia di Catania, ha infatti chiuso i cancelli ai camion provenienti da EcoAmbiente, dove i 50 Comuni del Palermitano e del Trapanese portano l’immondizia per un primo trattamento. La raccolta, così, si blocca di fatto. A Bagheria, ad esempio, il sindaco Patrizio Cinque ha annunciato “l’impossibilità, a partire da oggi, di effettuare il servizio di raccolta dell’indifferenziato”. La conseguenza, per il centro alle porte di Palermo, è uno stop and go: al momento i rifiuti restano sui camion, ma ovviamente una soluzione dev’essere trovata a breve scadenza. “La situazione – dice il sindaco di Cefalù Rosario Lapunzina – è diventata insostenibile”. Analoga la situazione a Termini Imerese: “Da domani – dice il sindaco, Francesco Giunta – non saremo più in grado di raccogliere l’immondizia”. I 50 comuni del Palermitano lavoravano al momento in un regime provvisorio. Al momento, infatti, i rifiuti venivano portati a Bellolampo per essere trattati nell’impianto di EcoAmbiente e poi, da lì, a Motta Sant’Anastasia. Adesso, però, Oikos, che gestisce la discarica catanese, ha chiesto una garanzia bancaria o assicurativa di quasi due milioni di euro che EcoAmbiente non è in grado di dare.

Trapani. Rubata cassaforte al comune. C’erano un migliaio di carte d’identità in bianco

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Una cassaforte contenente un migliaio di carte di identità bianche ed alcune tessere elettroniche pronte per la consegna è stata rubata al Comune di Trapani. I malviventi, nella notte, dopo aver disattivato l’energia elettrica dell’intero isolato, sono riusciti ad entrare negli uffici periferici di largo San Francesco di Paola e a portar via la pesante cassaforte. L’allarme è scattato stamani quando la prima impiegata giunta in ufficio ha trovato il portone d’ingresso forzato e l’immobile al buio. Indaga la polizia.

Palermo. Vertice della Cei: “I privilegi economici di pochi burocrati offendono i poveri”

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”I Vescovi, attenti ascoltatori del grido dei poveri, manifestano convinta condivisione alla denuncia di quanti, anche presbiteri, hanno evidenziato la distanza tra il sentire della nostra gente e le prospettive di chi è interessato a salvaguardare i privilegi economici di pochi burocrati, a discapito di chi non ha un livello di vita dignitoso”. Lo scrivono i vescovi siciliani nel documento finale della conferenza episcopale regionale presieduta dal’arcivescovo di Catania Salvatore Gristina dopo la chiusura dei lavori a Palermo. I vescovi riprendono le polemiche politiche dei giorni scorsi sul possibile innalzamento degli stipendi dei burocrati dell’Assemblea regionale siciliana finora fissati a un massimo di 240 mila euro l’anno. ”Per parte loro le Chiese di Sicilia – dice la Cei – assicurano che continueranno a venire incontro alle diverse povertà, nelle forme suggerite localmente dalla fantasia della carità, utilizzando anche le risorse derivanti dai fondi dell’otto per mille che i contribuenti destinano alla Chiesa cattolica”.